Fondi pubblici indebitamente percepiti da una finta cooperativa sociale, fittizi rapporti di lavoro dipendente per “prelevare” indebitamente risorse pubbliche, riunioni “fantasma” dell’organo direttivo per simulare la finalità non a scopo di lucro.
Questi sono solo alcuni degli ingegnosi stratagemmi adottati, secondo la Guardia di Finanza, da un imprenditore di Partanna e da un suo prestanome, rispettivamente amministratore di fatto e amministratore di diritto di una
società cooperativa Onlus operante nel redditizio settore dei servizi di assistenza ai richiedenti asilo e ai rifugiati, in qualità di Ente gestore di un centro di accoglienza realizzato nell’ambito di un progetto SPRAR.
Le cooperative sociali ONLUS, proprio per la fondamentale funzione che ricoprono, sono destinatarie di consistenti agevolazioni fiscali che, a vario titolo, ne incentivano la diffusione.
L’attività ispettiva, condotta dalla Guardia di Finanza di Castelvetrano, trae origine da una complessa indagine di polizia giudiziaria, in base alla quale un imprenditore e il suo prestanome sono stati segnalati all’Autorità Giudiziaria per appropriazione indebita, relativamente a parte delle risorse pubbliche destinate alla finta cooperativa sociale.
Secondo la Finanza il prestanome, amministratore di diritto della cooperativa, aveva indebitamente conseguito, per due anni, una doppia contestuale remunerazione: quella relativa ai compensi ricevuti in qualità di amministratore e quella, indebita, relativa ai salari percepiti in qualità di lavoratore dipendente.
Le indagini, inoltre, avrebbero fatto emergere chiaramente come i soci della cooperativa non fossero altro che semplici lavoratori posti sotto la direzione effettiva dell’amministratore di fatto, vero dominus dell’attività d’impresa mentre Assemblea e Consiglio di Amministrazione risulta siano stati istituiti solo cartolarmente.
Falsi sarebbero anche i verbali redatti per documentare fantomatiche “riunioni” dell’organo decisionale ove venivano indicati, come presenti, soci-lavoratori del tutto ignari di essere anche consiglieri.
I risultati delle indagini sono stati trasmessi anche alla Procura Regionale della Corte dei Conti come notizia di danno erariale, emerso alla luce delle numerose irregolarità formali e sostanziali riscontrate nel corso degli articolati accertamenti.
I finanzieri hanno chiesto alla Autorità Giudiziaria l’utilizzo ai fini fiscali dei dati acquisiti e, oltre a constatare l’indeducibilità dei costi derivanti dalla commissione del suddetto reato di appropriazione indebita, hanno potuto ricostruire l’esistenza di utilia ziendali sottratti all’imposta sui redditi pari ad oltre 600.000 euro, con una base imponibile IRAP evasa di circa 1 milione di euro.
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