Si è parlato della ‘guerra’ della Libia contro i pescherecci siciliani a Casa Minutella, il talk show condotto da Massimo Minutella su BlogSicilia.it.

In collegamento Giuseppe Giacalone, comandante dell’Aliseo, ferito dai libici, ha raccontato che l’imbarcazione «era in navigazione» al momento dell’attacco «e questo è ancora più grave». Per Giacalone «c’è qualcosa che riguarda la Libia e il Ministero degli Interni. Per me hanno sparato all’Italia, 81 colpi per uccidere. Anche perché a noi era vicina la marina militare italiana e un elicottero che non hanno potuto fare nulla». Giacalone ha anche detto che «come pescatore sono morto», avendo deciso di rinunciare al suo lavoro che ha cominciato quando aveva 13 anni.

In collegamento anche Cristina Amabilino, moglie di Bernardo Salvo, uno dei pescatori sequestrati in Libia: «Mio marito ha cambiato lavoro. Non va più in mare. Ha avuto fortunatamente un posto su una nave di ricerca geografica. Ha accettato la proposta senza pensarci due volte perché non ha più alcuna intenzione di tornare sui pescherecci». La donna ha anche detto: «Abbiamo vissuto un incubo ma ci è stato sconsigliato di andare in quelle acque. Noi, però, non siamo stupidi. Se danno quei consigli è come se ci dessero la colpa. Invece di tutelarci, di stare al nostro fianco, ci danno la colpa. Non è serio tutto questo da coloro che ci governano perché dovrebbero proteggerci, dovrebbero restare a favore dell’italiano quando l’italiano è nella parte giusta. Io sono più arrabbiata con il governo italiano che con quello libico».

In studio l’assessore regionale all’Agricoltura e alla Pesca Toni Scilla ha commentato così: «Questa è una storia a cui bisogna mettere la parola fine. La Marineria siciliana ha pagato tanto in termini economici e di vite umane nella ‘guerra del pesce’. Serve un intervento definitivo e ci sono le condizioni per poterlo fare. Entro luglio il Parlamento italiano dovrebbe rifinanziare le missioni internazionali, tra cui quella libica. L’anno scorso la somma è stata di 58 milioni di euro, oltre ai mezzi navali consegnati alla Libia. Ciò può essere un bene per la politica migratoria ma non ci può essere alcun accordo se prima il governo libico non garantisce il diritto al lavoro dei pescatori siciliani. Il Governo Draghi deve assolutamente chiudere la partita e serve anche l’intervento della Commissione Europea, fautrice degli accordi bilaterali. Se ciò non dovesse avvenire, come governo siciliano siamo pronti a prendere tutte le iniziative necessarie per difendere i nostri pescatori».

Per l’assessore Scilla «la soluzione non può essere quella di Di Maio, secondo cui le imbarcazioni non dovrebbero andare a lavorare in quelle acque: è offensivo. Il ministro, invece, deve interloquire con le cancellerie del Maghreb. Non si può più consentire che ci siano i sequestri in acque internazionali, nonostante per i libici appartengano a loro».

Infine, Ignazio Corrao, europarlamentare dei Verdi Europei, ha ricordato che «il problema con la Libia nasce quando è stata destabilizzata. Una sciagura militare che è avvenuta durante il Governo Berlusconi e caldeggiata dall’allora Presidente della Repubblica Napolitano. È stata creata una situazione ingestibile, dove l’interlocutore prende impegni ma poi si fa il contrario di quello che dice, facendo fare una pessima figura al governo italiano. Di recente anche Draghi e Di Maio si sono recati in Libia, mettendo la faccia in un problema che, però, non si risolve. Bisogna cambiare approccio: non è possibile che la grande diplomazia europea si muova solo per alcuni casi e per altri no».

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