Striscioni e scritte con due banche a Palermo perchè “finanziano l’industria del fossile”. E’ l’azione rivendicata dagli attivisti di Ape, l’assemblea popolare ecologista. “Bruciate il pianeta, brucerete anche voi”, “Stop Fossile, Rivolta!”. Queste le scritte apparse stamattina nelle due sedi di Unicredit e Intesa Sanpaolo in corso dei Mille e in viale Regione Siciliana a Palermo. “Questa notte abbiamo scelto di sanzionare due sedi di Unicredit e Intesa Sanpaolo – scrivono gli attivisti – perché nonostante i loro ripetuti tentativi di greenwashing continuano a essere tra le maggiori banche finanziatrici a livello globale dell’industria del fossile. Dal 2016, rispettivamente per 43 e 22 miliardi di dollari secondo i dati ReCommon. Tra cui in primis Eni”.

Il fallimento di Cop28

Gli attivisti rivendicano l’azione nel contesto della conclusione a Dubai del 28° vertice internazionale sull’emergenza climatica, Cop28, ritenuto un fallimento. “Anche questa volta, dopo le roboanti dichiarazioni d’intento iniziali –scrivono -, si è arrivati a un nulla di fatto. Al punto che il ministro dell’Ambiente delle isole Samoa ha dichiarato in riferimento alla bozza di accordo proposta: ‘Non firmeremo il nostro certificato di morte’. Infatti, nonostante l’introduzione di un piccolo fondo di riparazione dei danni, comunque insufficiente nella dotazione finanziaria rispetto alla scala dell’emergenza climatica, non si è giunti a nulla di risolutivo. E’ stata riproposta ancora una volta la formula del ‘phase down’, ovvero la riduzione graduale delle emissioni di carbonio. Senza fare riferimento alla sua eliminazione graduale, che per la scienza ormai rappresenta in maniera unanime l’unica strada possibile per fronteggiare la crisi che viviamo”.

I limiti delle Cop

Gli attivisti evidenziano a loro modo che lo strumento delle Cop rivela tutti i suoi limiti insormontabili connessi al suo stesso meccanismo di funzionamento. “Ci pone – continua la nota – di fronte alla necessità di una svolta come mai prima. La politica istituzionale degli stati capitalisti non è in grado di risolvere il problema climatico perché richiederebbe di conciliare interessi economici inconciliabili a livello nazionale e internazionale. E ci pone di fronte ad un’alternativa drastica: o aspettare in silenzio che sia troppo tardi oppure insorgere a livello globale. Per costruire nuove istituzioni che rappresentino gli interessi dei popoli e delle classi lavoratrici, e non delle aziende multinazionali. In questo momento, infatti, i piani di investimento e l’attività di lobbying esplicita e non di banche e aziende del fossile, che è connessa a stretto giro con le posizioni politiche di chi ci governa all’interno del sistema capitalistico in cui viviamo, ci sta condannando al disastro climatico”.

“Noi – concludono gli attivisti – la nostra decisione l’abbiamo già presa. Non resteremo in silenzio mentre il futuro nostro e dei nostri figli viene barattato con qualche miliardo in più di profitto. Riempiamo le strade e le piazze del mondo a partire dalle nostre città e dai nostri territori. Per imporre il rovesciamento di questo sistema socio-economico genocida. La nostra rivolta è appena iniziata”.

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