La NASA punta a un reattore nucleare sulla Luna entro il 2030, una mossa strategica per alimentare missioni lunari e competere con Cina e Russia. Ecco cosa c’è dietro questa ambiziosa iniziativa.
La NASA sta accelerando i piani per portare un reattore nucleare sulla Luna. Secondo quanto riportato da Politico, il Segretario ai Trasporti statunitense e amministratore ad interim della NASA, Sean Duffy, annuncerà entro questa settimana un’iniziativa per costruire un reattore da 100 kilowatt entro il 2030, segnando un passo decisivo per garantire una presenza umana sostenibile sul nostro satellite. Questa mossa, che si inserisce in un contesto di competizione geopolitica con Cina e Russia, risponde alla necessità di energia affidabile per le future missioni lunari e si affianca a un piano per sostituire la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) con una nuova stazione orbitante entro il 2030.
Un reattore nucleare per la Luna
La Luna presenta sfide uniche per l’esplorazione umana: i suoi giorni lunari durano 28 giorni terrestri, con due settimane di luce solare seguite da due settimane di oscurità totale, rendendo i pannelli solari inadeguati per garantire energia continua. Un reattore nucleare da 100 kilowatt, come quello previsto dalla NASA, potrebbe fornire energia costante per alimentare habitat, sistemi di supporto vitale, laboratori scientifici e attrezzature per l’estrazione di risorse, come acqua e ossigeno, dai crateri permanentemente in ombra vicino al polo sud lunare. Questo reattore si basa sul progetto Kilopower, testato con successo nel 2018, ma con una capacità significativamente maggiore rispetto ai 40 kilowatt inizialmente previsti.
Secondo Politico, il reattore sarà compatto, leggero e progettato per resistere alle dure condizioni lunari, come temperature estreme e polvere di regolite. Utilizzerà uranio altamente arricchito e sarà dotato di sistemi di conversione termica in energia elettrica, con rigidi standard di sicurezza per prevenire rischi di radiazioni in caso di guasti. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE), la Federal Aviation Administration (FAA) e altre agenzie internazionali collaboreranno per garantire la sicurezza del progetto.
La competizione geopolitica nello spazio
L’iniziativa della NASA è una chiara risposta alle ambizioni spaziali di Cina e Russia, che stanno collaborando per costruire l’International Lunar Research Station (ILRS), una base lunare con un proprio reattore nucleare previsto per il 2035. Secondo quanto riferito da Duffy, il primo paese a stabilire una fonte di energia stabile sulla Luna potrebbe dichiarare una “zona di esclusione”, limitando l’accesso di altre nazioni a risorse strategiche come il ghiaccio d’acqua nei crateri lunari. “Si tratta di vincere la seconda corsa allo spazio”, ha dichiarato un alto funzionario NASA, parlando in anonimato a Politico.
Cina e Russia hanno intensificato i loro sforzi: Pechino ha annunciato che la missione Chang’e-8 del 2028 getterà le basi per la ILRS, mentre la Russia porta la sua esperienza in tecnologie nucleari spaziali. La NASA, consapevole del rischio di rimanere indietro, sta accelerando i propri piani, nonostante le difficoltà legate a un taglio di bilancio del 24% per il 2026, che colpisce pesantemente i programmi scientifici, con una riduzione del 50% per le missioni di ricerca come il ritorno dei campioni da Marte.
Accelerare il ritorno sulla Luna
Il reattore nucleare è parte integrante del programma Artemis, che mira a riportare astronauti sulla Luna entro il 2027, con la missione Artemis 3. L’ultima presenza umana sul suolo lunare risale al 14 dicembre 1972, quando il comandante dell’Apollo 17, Eugene Cernan, lasciò l’ultima impronta sulla superficie del satellite. Da allora, la competizione spaziale si è riaccesa, con nazioni come Cina, Russia, India e Giappone che puntano a insediamenti permanenti. Il reattore da 100 kilowatt rappresenta un elemento chiave per supportare missioni di lunga durata e basi permanenti, riducendo la dipendenza da rifornimenti terrestri.
Tuttavia, il progetto non è privo di ostacoli. Gli esperti, come il professor Lionel Wilson della Lancaster University, ritengono che il 2030 sia un obiettivo tecnicamente fattibile, “a patto che vi sia un impegno finanziario sufficiente”. Tuttavia, il taglio dei fondi per Artemis e l’incertezza sul trasporto di persone e attrezzature sollevano dubbi sulla coerenza del piano. “Se hai l’energia nucleare per una base ma non hai modo di portare lì persone ed equipaggiamenti, non serve a molto”, ha commentato Wilson.
Sostituire la Stazione Spaziale Internazionale
Parallelamente al progetto del reattore lunare, Duffy ha ordinato di accelerare la sostituzione della Stazione Spaziale Internazionale, ormai obsoleta e destinata al ritiro entro il 2030 tramite un rientro controllato. La NASA punta a collaborare con aziende private come Axiom Space, Vast e Blue Origin per sviluppare nuove stazioni spaziali commerciali. L’obiettivo è assegnare contratti ad almeno due società entro sei mesi dalla richiesta di proposte, garantendo una presenza americana in orbita terrestre bassa prima che la Cina diventi l’unica nazione con una stazione spaziale permanentemente abitata.
Un passo verso il futuro
Il piano della NASA per un reattore nucleare sulla Luna non è solo una questione di energia: è un simbolo della competizione globale per il dominio dello spazio. Con un obiettivo di lancio fissato per il 2030, gli Stati Uniti mirano a consolidare la loro leadership, rispondendo alla sfida lanciata da Cina e Russia. Questo progetto, insieme alla sostituzione della ISS, potrebbe aprire la strada a insediamenti permanenti sulla Luna e a future missioni su Marte, cambiando il modo in cui l’umanità esplora il cosmo.






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