Antonio Perna
Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet
Se fossimo un Paese capace di guardarsi allo specchio, oggi dovremmo riconoscere un fatto semplice: il cosiddetto “Piano Casa” annunciato dal governo non produrrà gli effetti promessi.
Non li produrrà non per mancanza di volontà politica o di risorse finanziarie, ma perché la struttura stessa della nostra Repubblica non lo consente.
Da trent’anni a questa parte ogni tentativo di varare un piano nazionale sull’edilizia o sull’urbanistica si è infranto sul medesimo ostacolo: la Costituzione. Essa assegna allo Stato il compito di definire i principi generali, ma affida alle Regioni la potestà legislativa e ai Comuni un ruolo decisivo nell’attuazione. Ci troviamo dunque davanti a una frammentazione inevitabile: venti sistemi regionali differenti, migliaia di realtà locali, un mosaico disomogeneo che rende impraticabile qualsiasi regia centralizzata.
Questo non è un errore né una svista del legislatore costituente, ma il frutto di una scelta: quella di costruire una Repubblica delle autonomie, in cui il centro e la periferia convivono in un equilibrio spesso instabile. Una scelta che ha un fondamento nobile, ma che oggi mostra tutti i suoi limiti di fronte alla necessità di elaborare politiche nazionali unitarie.
Ed è qui che il discorso deve farsi onesto: o si ha il coraggio di affrontare la questione del “chi fa cosa” nella Repubblica, avviando una riflessione costituzionale seria sulle competenze e sulle responsabilità, oppure ci si deve rassegnare ad annunciare soltanto ciò che la Carta consente davvero di realizzare.
In assenza di questo coraggio, il Piano Casa rimarrà una promessa senza seguito, un annuncio destinato a svanire nel groviglio delle competenze regionali e comunali.
Guardarsi allo specchio significa riconoscere i limiti della nostra architettura istituzionale, senza retorica e senza illusioni. Solo a partire da quella verità si può tentare di costruire una politica della casa che non sia, ancora una volta, una favola destinata a dissolversi.
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