E’ l’anno 1624 e il 25enne Van Dyck si sta dirigendo verso sud, in Sicilia, dove è stato invitato dal viceré spagnolo dell’isola. A quel tempo si stava affermando come ritrattista di corte e la sua fama lo precedeva in Italia, in Inghilterra e in Belgio.

A Palermo vive una circostanza drammatica che tuttavia regalerà alla storia un capolavoro dell’arte. Il 7 maggio del 1624 in città si registrano i primi casi di un male che decimerà il dieci percento della popolazione. E’ l’inizio della peste. Scatta lo stato d’emergenza e Van Dyck rimane bloccato in una quarantena ante litteram. Come oggi al tempo del Coronavirus, vengono disposte misure di contenimento: si chiude il porto, si serrano le porte della città, si vietano gli assembramenti. I malati riempiono i lazzaretti.

Un giorno, mentre l’epidemia infuria, il cardinale di Palermo Giannettino Doria viene raggiunto da un saponaro al quale era apparsa Santa Rosalia, già venerata all’epoca ma sulle cui reliquie si dibatteva tanto; perfino il cardinale dubitava dell’autenticità delle ossa rinvenute un anno prima. L’uomo racconta al cardinale il messaggio che la santa gli aveva detto di riferire, ovvero che si smettesse di dubitare e che la peste sarebbe cessata se le sue ossa fossero state venerate con una solenne processione. E così le reliquie sfilano per la città e i contagi si fermano. Il miracolo è compiuto. Santa Rosalia diventa la salvatrice di Palermo e la nuova patrona della città. A Van Dyck viene ordinato di realizzare un maestoso ritratto della santa e lui la dipinge fluttuante sulla città devastata, circondata da putti, nell’atto di invocare la grazia di Dio per la salvezza di Palermo.

”Santa Rosalia intercede per la fine della peste di Palermo” è una delle cinque tele sopravvissute della santa realizzate da Van Dyck durante la sua quarantena nel capoluogo siciliano.

Oggi si trova esposta al Metropolitan Museum of Art di New York dal quale fu acquistata nel 1871, un anno dopo la sua fondazione. Come riporta il New York Times, quest’anno la tela sarebbe stata protagonista di una mostra celebrativa per i 150 anni di storia del museo ma, a causa dell’emergenza Coronavirus, l’evento è stato rinviato. Sullo sfondo c’è un dato che lega la sorte di quest’opera al nostro presente. Un intreccio del destino ha voluto che un’epidemia impedisse l’esposizione di un simbolo della fine di un’altra epidemia.

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