Tratta di persone, sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina- Con queste accuse la Polizia di Agrigento ha arrestato un nigeriano considerato uno dei più violenti trafficanti di uomini.
Si tratta di John Ogais 25 anni, detto Rambo per le sue imprese in Libia. Ogais è stato individuato dopo una indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo proprio ad Agrigento do ve si trovava ben celato fra i rifugiati nel Cara di S. Anna sull’isola di Capo Rizzuto.
In particolare, Ogais è stato riconosciuto come uno dei responsabili di torture e sevizie perpetrati in Libia all’interno della safe house di “Alì il Libico”, dove i migranti venivano privati della libertà personale prima di intraprendere la traversata in mare per le coste italiane. Ogais è stato individuato come uno dei complici di Eric Ackom Sami, ghanese, tratto in arresto dalla Squadra Mobile di Agrigento nello scorso mese di marzo, sempre su ordine della Dda di Palermo e a carico del quale sono state già confermate le accuse da parte delle sue vittime davanti al Giudice delle Indagini Preliminari nel corso di un drammatico incidente probatorio.
Le indagini su Ogais, detto Rambo, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Agrigento, diretta da Giovanni Minardi, e dalla Squadra Mobile di Crotone, diretta da Nicola Lelario, che ha collaborato nella fase d’individuazione e cattura del soggetto. Entrambi gli Uffici investigativi territoriali sono stati coordinati dalla Seconda Divisione del Servizio Centrale Operativo di Roma.
Drammatiche le dichiarazioni rese dai migranti, che hanno convinto i pubblici ministeri Calogero Ferrara e Giorgia Spiri della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, guidata da Francesco Lo Voi, ad emettere il provvedimento di fermo.
“Durante la mia permanenza, all’interno di quel “ghetto’ da dove era impossibile uscire, ho sentito – racconta un migrante – che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante. So che mio cugino ed altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti”
“Vi era un altro tale Rambo – racconta un altro testimone – carceriere della Nigeria che anche se non mi ha picchiato provvedeva a seviziare altri migranti. Le torture cui sono stato sottoposto sono innumerevoli. Per esempio: sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione. Nell’occasione mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versato dell’acqua. Poi provvedevano ad azionare la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Subivo delle scariche elettriche violentissime. Questo avveniva circa due volte alla settimana. Altre volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. A volte mi legavano le braccia e poi mi appendeva in aria, per picchiarmi ripetutamente e violentemente”.
“Una volta, ho avuto modo di vedere che Rambo, il nigeriano, ha ucciso dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante nigeriano che si trovava lì con noi”.
“Ho assistito personalmente al pestaggio sino alla morte di due persone – è una quarta testimonianza diretta – un nigeriano minorenne e un altro uomo, anch’esso nigeriano ucciso da Rambo davanti al fratello della vittima. Nello stesso momento dell’omicidio, Rambo minacciava armato di pistola, il fratello della vittima, di non raccontare nulla alla famiglia e di farsi mandare immediatamente i soldi. Aggiungo inoltre di avere assistito a diversi violenti pestaggi operati da Rambo nei confronti di migranti”.
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