Non vi è ancora alcuna condanna per mafia definitiva e quindi l’attività commerciale non poteva essere chiusa. Il Cga con questa motivazione ha accolto la sospensiva avanzata dalla titolare di una rivendita di tabacchi di Camastra, nell’agrigentino, disponendo nell’ordinanza l’immediata riapertura dell’esercizio che era stato chiuso con due distinti provvedimenti nel maggio scorso dal Comune e dall’agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato. Questa chiusura era stata stabilita sulla base del decreto emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, il quale aveva ordinato alla titolare, C.C., l’imposizione a non svolgere attività in quell’esercizio in quanto si riteneva fosse riconducibile al suo ex marito, già condannato per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata e sottoposto anche a  misura di prevenzione.

“Erronea applicazione della norma antimafia”

Ne scaturiva un contenzioso nel corso del quale la donna, difesa dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, evidenziava l’erronea applicazione da parte delle amministrazioni della normativa antimafia.  Più specificatamente i due legali hanno rappresentato che il presupposto per l’applicazione dei divieti e delle decadenze delle licenze e dalle autorizzazioni, nonché la sospensione della loro efficacia, è la sussistenza di un provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione.

Giudizio pendente

Gli avvocati hanno evidenziato che, nel caso specifico, il decreto reso tribunale di Palermo è stato impugnato davanti la corte di appello di Palermo e che tale giudizio è ancora pendente: “Pertanto, – è stata la tesi degli avvocati Rubino e Piazza – il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione, non avendo assunto il carattere di definitività, non poteva validamente sostenere i provvedimenti adottati dal Comune di Camastra e dall’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli”.

Il pronunciamento

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, condividendo le tesi difensive, con propria ordinanza ha affermato che le cause di decadenza, di sospensione o di divieto dettate dal codice antimafia sono costituite dai provvedimenti definitivi di applicazione delle misure di prevenzione e dalle condanne con sentenza definitiva o confermata in appello per i delitti consumati o tentati. Quindi, essendo pendente l’appello, l’articolo 67 non poteva essere posto a base degli atti impugnati.

“Pregiudizio grave e irreparabile”

Inoltre, sempre il Cga ha ritenuto, come prospettato dagli avvocati della donna, sussistente il “pregiudizio grave ed irreparabile”, dal momento che la rivendita di tabacchi costituisce l’attività lavorativa di C.C. Per questo ha accolto l’istanza cautelare proposta. “Pertanto, per effetto della suddetta ordinanza, – concludono i due legali – la rivendita di tabacchi in Camastra potrà nuovamente essere esercitata e la signora potrà richiedere il risarcimento dei danni subiti nel periodo di illegittima chiusura dell’attività”.

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