Nato a Raffadali, in provincia di Agrigento, Davide Rampello è uno dei più importanti punti di riferimento in italia in ambito culturale: consulente per istituzioni nazionali e internazionali, fondatore dello studio creativo Rampello&Partners, ha ricoperto negli ultimi tre decenni numerosi incarichi nell’ambito dell’arte, della cultura e nell’ideazione di grandi momenti di comunicazione.
Uno dei suoi ultimi e più importanti progetti è stata la direzione artistica del padiglione Italia all’Expo di Dubai 2020, inaugurato in ritardo a causa del Covid il 1 ottobre 2021 e in corso fino al prossimo 30 marzo.
“La bellezza unisce le persone”
Professor Rampello, ci racconta la sua idea per il padiglione Italia a Expo Dubai 2020?
Prendendo il via dal tema generale di Expo Dubai, Connecting Minds, che fa riferimento a tutto il grande tema della connessione, ho pensato che per mettere insieme non le menti, ma innanzitutto gli uomini, sia necessario proporre loro dei valori, degli ideali che li uniscano. Da qui la declinazione di Connecting Minds in “La Bellezza unisce le persone”. Una bellezza che non è puramente estetica, ma diventa qualcosa di molto più profondo, capace di racchiudere in sé tutte quelle tensioni che l’uomo ha quando si rivolge verso il sacro, quando cerca la verità delle cose, cioè la giustizia, la bontà, l’armonia .
Un modo di ragionare che oggi, alla luce di pandemie e cambiamenti climatici, risulta più importante che mai.
Due metafore
Com’è stato declinato quindi questo tema nella realizzazione del padiglione?
È stato declinato partendo da due grandi metafore capaci di rappresentare il nostro Paese in tutta la sua meravigliosa e articolata eterogeneità.
La prima è l’Italia vista come paese medi-terraneo, cioè terra di mezzo, con la sua lunga storia di dominazioni straniere che l’hanno portata a una straordinaria ricchezza e sovrapposizione di culture diverse (pensiamo anche solo alla Sicilia, dove ogni città è diversa dalla sua vicina), tanto che si potrebbe dire che la nostra è una biodiversità non solo animale e vegetale ma proprio culturale.
Una grandissima complessità che porta alla seconda grande metafora, quella del giardino, luogo in cui vengono messe a dimora le diversità creando armonia, come fece Dio, primo giardiniere, nel suo Paradiso Terrestre.
Un’abilità che gli italiani, alla luce di quanto detto sopra, sono stati bravissimi a sviluppare, e che ha fatto sì che ci trasformassimo in grandi giardinieri.
È dunque da questo racconto che gli architetti sono partiti per il progetto fisico del padiglione, del quale io poi ho realizzato l’allestimento.
Un viaggio attraverso le eccellenze del nostro Paese
Come si sviluppa quindi il padiglione, alla luce di tutto ciò?
Il percorso espositivo si sviluppa come un vero e proprio viaggio, dove il visitatore viene passo dopo passo a conoscenza delle varie eccellenze del nostro paese, artistiche, paesaggistiche, artigianali e agricole.
Vi è per esempio una cupola che ricorda molto quella del Pantheon, nel cui occhio uno schermo mostra i cieli d’Italia attraverso la storia della pittura, dagli affreschi pompeiani fino ad arrivare ai cieli di Boccioni.
Intorno, nicchie ed esedre con i più bei paesaggi delle varie regioni filmate dalla cinepresa del regista Gabriele Salvatores, e un orto-giardino sperimentale.
È presente anche uno spazio dedicato all’innovazione, per noi molto importante, dove abbiamo raccolto tutto ciò su cui la ricerca sta lavorando al momento.
Cuore dell’esposizione è poi il Teatro della Memoria, (virtù legata al sentimento, ormai quasi del tutto soppiantata dai “freddi” archivi dei telefonini), al centro del quale si trova una copia tratta dal modello digitale del David di Michelangelo, capolavoro assoluto pregno di valori sacri e profani.
Le polemiche sul David
Statua che, per il suo allestimento “censurato” ha suscitato non poche polemiche…
Esatto, non se ne vede il corpo ed è stato detto che fosse una scelta presa per rispetto della cultura musulmana. Una vera e propria idiozia, l’avrei fatta identica a New York, Berlino o da qualsiasi altra parte. È chiaro che essendo una copia ne ho disposto come meglio credevo, se fosse stata l’originale l’avrei mostrata tutta.
La rappresentazione del territorio
Invece la Sicilia ha avuto la grandissima fortuna di vedere un padiglione Italia curato da un siciliano doc…com’è stato rappresentato il territorio all’interno di Expo Dubai 2020?
Mettendone innanzitutto in risalto le eccellenze artigianali, le manodopere: un’intera costruzione circolare fatta di pietre a secco e alta 8 metri, su cui crescono piante tipiche della macchia mediterranea, è stata realizzata da un contadino di Alicudi, che l’ha tirata su da solo in venti giorni; tra i video che mostrano i saper fare regionali, sempre filmati da Salvatores, troviamo la storia della pasta integrale più buona del mondo, la Feudo Mondello della famiglia Agosta, che gestisce un panificio artigianale a filiera chiusa nella valle del Belìce.
Non manca poi una citazione ai capolavori artistici siciliani, e infatti dentro il Teatro della Memoria sono presenti i meravigliosi mosaici della Cappella Palatina.
“I beni culturali viventi”
Ricollegandomi alle manodopere artigianali di cui parla sopra, lei ha inventato la locuzione “beni culturali viventi”, riferendosi a quel patrimonio legato al lavoro manuale, all’agricoltura, all’allevamento, che sopravvive e viene tramandato grazie all’uomo. In questo senso la Sicilia ha una grandissima storia. Mi chiedo quanta vita futura avranno questi mestieri di e se secondo lei c’è un modo per renderli allettanti anche alle nuove generazioni.
Su questo non ho alcun dubbio. Ho conosciuto molti giovani andati via dal proprio paese per motivi di studio, che poi sono tornati e hanno ripreso in mano le terre di famiglia con una sensibilità completamente diversa.
A tutelarli dovrebbe pensarci la politica, promuovendo questi prodotti ai mercati stranieri e valorizzandoli anche a livello di prezzi, rendendoli merce preziosa. In questo senso per esempio i ristoranti italiani di tutto il mondo potrebbero essere un ottimo sbocco per i prodotti agricoli di nicchia.
A questo proposito, poco tempo fa ho presentato la “Carta dei Valori della ristorazione italiana”, un documento che contiene le linee di azione per la promozione e la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche regionali, a cui proprio la ristorazione può dare corpo, rinnovamento e racconto.
D’altronde ricordiamoci la nostra immensa fortuna nell’avere un’industria alimentare di primissimo livello, perché è forse l’unica ad avvalorare l’ingrediente più importante, il SAPORE. Il sapore è sapere, la radice è la stessa, perciò attraverso il sapore io conosco.
Proprio da questo principio è nata nove anni fa la mia rubrica “Paesi, Paesaggi…” su Striscia la notizia, dove racconto di queste eccellenze.
La cultura e l’uomo
A proposito di politica, quando nel 2019 morì tragicamente l’assessore Tusa, fu fatto il suo nome come possibile successore all’assessorato dei beni culturali della regione siciliana. Secondo lei in termini di cultura da dove si dovrebbe partire in Sicilia?
Per come la percepisco io, la cultura non è soltanto l’esercizio delle arti, ma attiene soprattutto al rapporto che l’uomo ha con la vita, con se stesso e con gli altri.
Non si dovrebbe quindi solamente amministrare o tutelare, ma svolgere una vera e propria azione vivificante, riprendendo quello che già c’è e reinventandolo, che è quello per esempio che ho fatto col festino di Santa Rosalia, quand’ero direttore artistico dell’ufficio Grandi Eventi del Comune di Palermo, o quando abbiamo fatto rinascere uno dei quartieri storici della città con Kals’art, o ancora ridando valore al grande stuccatore del barocco siciliano Giacomo Serpotta.
Per me è fondamentale creare un dialogo con tutto il mondo del fare, del progettare, del turismo.
Insomma se fossi diventato assessore avrei fatto come per la Triennale di Milano, dove sono stato Presidente per nove anni, cambiandola radicalmente e facendola tornare a quello che era alla sua nascita, un vero e proprio Palazzo delle Arti, non legato esclusivamente all’architettura e al design, come poi è diventata nel dopoguerra.
Penso che guidare nella maniera giusta l’assessorato della Cultura in Sicilia, oltre ad essere una sfida molto affascinante, potrebbe veramente rivelarsi un’opportunità di cambiamento per la Sicilia stessa.
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