E’ stata confermata dalla Cassazione la condanna a quattro mesi di reclusione per istigazione alla corruzione a carico di Angelo Graci per aver chiesto nel 2009 – quando ancora era sindaco di Licata – l’assunzione dei suoi figli come “contropartita” per favorire il passaggio degli impianti idrici comunali alla nuova società, la ‘Girgenti Acque’, che si era aggiudicata la gara indetta dal Consorzio Ato di Agrigento per la gestione del servizio idrico relativa a tutti i comuni consorziati.
La registrazione del colloquio di Graci nell’ufficio di Giuseppe Giuffrida – il legale rappresentante della ‘Girgenti Acque’ che diede il via all’inchiesta sulle pressioni indebite che stava subendo anche da parte di altri amministratori locali – “non legittima dubbi di sorta” sul “collegamento funzionale” tra la richiesta illecita “avanzata dall’imputato ed un atto del proprio ufficio”, scrive la Cassazione nel verdetto 53827 depositato oggi e relativo all’udienza del nove novembre.
Con la sua decisione, la Suprema Corte ha reso definitiva la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo il nove novembre del 2016, conforme a quella di primo grado. Graci, colpito in passato anche dal divieto di dimora nella città che amministrava e che rifiutò di dimettersi governando Licata in ‘esilio’ ad Agrigento, è stato anche condannato a versare duemila euro in favore della Cassa delle ammende.
Tra le altre vicende, provocò molte polemiche la sua proposta di dedicare il cavalcavia di collegamento tra due quartieri di Licata al leader missino Giorgio Almirante. Il suo successore, Angelo Balsamo, accolse invece l’invito di una associazione di giovani di Licata di intitolare il ponte alla memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
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