“Con riferimento alle notizie di stampa inerenti l’autodromo, la direzione precisa che tutte le attività proseguiranno regolarmente e tutte le date sono confermate. vi continuiamo ad aspettare numerosi”.

Lo fa sapere la segreteria organizzativa autodromo “Valle dei Templi”.

Anche l’autodromo fa parte dei beni per un valore complessivo di oltre 120 milioni di euro che sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza all’imprenditore agrigentino Calogero Romano, titolare di numerose aziende che operano nel campo delle telecomunicazioni e della fibra ottica, nel settore edile.

Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Agrigento, su proposta della Procura di Palermo.

Le indagini, svolte dal nucleo di polizia economica e finanziaria di Palermo, hanno consentito di accertare i rapporti di connivenza intrattenuti – nell’arco di un ventennio – tra l’imprenditore ed esponenti di spicco di Cosa Nostra agrigentina.

L’operazione, denominata in codice “Valle dei Templi” dal nome dell’autodromo omonimo, ha portato al sequestro di società, aziende, immobili, auto, conti correnti e perfino dello stesso impianto sportivo che sorge a Racalmuto, paese d’origine dell’imprenditore.

Nel 2016, Calogero Romano era stato condannato dal Tribunale di Agrigento a sei anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, per aver contribuito “al rafforzamento di Cosa Nostra, pur non facendone parte”, fino a quando il suo principale punto di riferimento, il mafioso Ignazio Gagliardo, non cominciò a collaborare con la giustizia.

L’imprenditore a partire dal 1992 avrebbe beneficiato dell’appoggio e della protezione di esponenti della famiglia di Racalmuto (Ag), al fine di ottenere vantaggi per le proprie imprese, nel settore edilizio e nel mercato del calcestruzzo.

Calogero Romano, l’imprenditore al quale la magistratura ha sequestrato beni per un valore complessivo di 120 milioni di euro, nel 2016 era stato condannato dal Tribunale di Agrigento a sei anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa per aver contribuito “al rafforzamento di Cosa Nostra, pur non facendone parte”.

La accuse erano basate anche sulle dichiarazioni dei pentiti Ignazio Gagliardo, principale punto di riferimento di Romano all’interno dell’organizzazione fino a quando non cominciò a collaborare con la giustizia, e dell’ex boss agrigentino Maurizio Di Gati.

L’imprenditore a partire dal 1992 avrebbe beneficiato dell’appoggio e della protezione di esponenti della famiglia di Racalmuto (Agrigento), al fine di ottenere vantaggi per le proprie imprese, nel settore edilizio e nel mercato del calcestruzzo. Attività che, proprio grazie all’appoggio di esponenti di spicco di Cosa Nostra agrigentina, si è ulteriormente sviluppata ed è stata diversificata, ampliando così la galassia degli interessi economici dell’imprenditore.

Nel tempo sono state costituite molte società, tra cui la “Program group racing engineering”, proprietaria dell’Autodromo Internazionale Valle dei Templi, la “Beton 640”, la “Mediterranea cavi” e la “Romano telecomunicazioni”, queste ultime specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione di reti telematiche nella Sicilia occidentale.

Con il consenso di Giuseppe Falsone, boss di Campobello di Licata, considerato in passato il capo di Cosa Nostra agrigentina, Romano avrebbe, inoltre, fornito alle aziende riconducibili ad alcuni esponenti mafiosi il calcestruzzo necessario alla realizzazione dei lavori di costruzione del noto centro commerciale “Le Vigne”, anche facendo ricorso a sovrafatturazioni al fine di costituire “fondi neri” necessari al sostentamento della famiglia mafiosa di Canicattì.