Restituire un sito, consolidare, classificarlo con i più innovativi sistemi tecnologici. E poi ricostruirlo in maniera perfetta. Ma resta sempre un mistero, gli studiosi dibattono da tempo sulla funzione e datazione del “cosiddetto” Santuario rupestre all’interno del parco archeologico della Valle dei Templi.
Una cosa è comunque certa: era necessario un intervento d’urgenza per riportarlo “in vita”, libero da impalcature e sostegni ormai vetusti, restituendolo alla comunità. Lo si sta conducendo in questi giorni in cui l’area archeologica è forzatamente chiusa al pubblico, ma era un piano già previsto da tempo. Circa sette anni fa, al Parco si accorsero che il 50 per cento della struttura aveva subito, per uno smottamento del terreno, una rotazione che l’aveva posta in diagonale rispetto al suo assetto originario, rendendola molto pericolosa: era stata allora smontata e conservata. Oggi si è tornati a lavorare per riassemblarla nella sua interezza.
Il complesso monumentale del Santuario rupestre legato al culto delle acque che sgorgano da due cavità naturali, si trova sul versante orientale di Agrigento, a ridosso del promontorio che culmina con la Rupe Atenea, dove probabilmente sorgeva l’acropoli della città greca, già descritta da Polibio. Ma la storia del sito è estremamente complessa e stratificata. Siamo fuori dal circuito delle mura orientali, tra queste e il vallone del fiume Akragas (oggi San Biagio), a circa un centinaio di metri dalle monumentali fortificazioni di Porta I, a sud-est della Chiesa di San Biagio. Avvicinandosi, si nota l’insenatura nel costone, che con grande probabilità è stata modificata per ospitare una fontana: ai piedi della parete rocciosa, si aprono le due grotte, e una galleria ipogea che fungeva da acquedotto; qui è la struttura principale del complesso monumentale, costituita da un edificio a pianta rettangolare e a due piani, che si apre verso Est su di uno spazio recintato di forma trapezoidale con vasche a caduta disposte su più livelli, dal santuario soprastante.
“Il recupero del santuario rupestre – sottolinea l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Alberto Samonà – è un ulteriore tassello che si aggiunge a quell’azione capillare di salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali che stiamo portando avanti. Rendere questo sito fruibile è doveroso e costituirà un motivo di interesse ulteriore non soltanto per gli studiosi, ma anche per i visitatori, che potranno così godere di una più ampia offerta culturale. Anche in questo modo si difende e si fa conoscere la plurimillenaria storia della nostra meravigliosa isola, che non ha uguali”.
I primi scavi nel santuario furono condotti da Pirro Marconi e restituirono statuette fittili votive che indussero l’archeologo a ipotizzare un legame con il soprastante Tempio di Demetra: due campagne di scavo, nel 1926 e nel 1927 – finanziate dal capitano inglese, appassionato di archeologia, sir Alexander Hardcastle – portarono invece alla luce il complesso sistema di vasche comunicanti a caduta. Ancora incerta e controversa la datazione, nessuno studioso si è mai espresso in maniera netta. Più recentemente Antonello Fino ha avanzato l’ipotesi che il complesso sia soltanto l’esito finale di periodo ellenistico di tutte le diverse fasi di costruzione. Un fatto è incontrovertibile: gli studiosi dibattono da oltre un secolo sull’interpretazione dell’area archeologica nel suo complesso e soltanto in tempi più recenti ha preso vigore l’ipotesi che l’edificio potesse essere una fontana monumentale a caduta, con ogni probabilità dedicata alla Ninfe. Le archeologhe del Parco della Valle dei Templi definiscono “il cosiddetto santuario rupestre come un edificio enigmatico, probabilmente una fontana pubblica con funzione anche cultuale”. C’è comunque ancora molto da discutere, soprattutto dopo la scoperta della nuova area sacra a ridosso di Porta I: rinvenimento che porta a rileggere il rapporto tra il santuario rupestre e il Tempio di Demetra soprastante.
“Il Parco archeologico Valle dei Templi sta comunque lavorando sull’intera area del tempio di Demetra che è inglobata nella chiesa di San Biagio e comprende il santuario rupestre – interviene il direttore del Parco archeologico della Valle dei Templi, Roberto Sciarratta -: il progetto è quello di rendere il sito fruibile alle visite in un immediato futuro, in maniera da poter leggere anche questa parte del Parco. Il recupero del Santuario rupestre permetterà di “sanare” un intervento avviato ma mai completato nell’ultimo decennio”.
IL RESTAURO. Il progetto per l’intervento di recupero, ampio e molto delicato, è firmato da Carmelo Bennardo e finanziato con fondi del Parco archeologico che ha stanziato poco più di 375 mila euro. Di fatto nel 2013 il santuario era stato smontato, concio dopo concio, oggi dettagliatamente ripuliti e classificati, sistemati in maniera tale da riprodurre la conformazione originaria e facilitarne la ricollocazione. Ma si è provveduto anche a consolidare le strutture portanti, seguendo le moderne correnti di pensiero che prediligono interventi non invasivi sul posto. In questo caso, si è dovuto lavorare con estrema delicatezza, su una struttura pressoché collassata: terminato il consolidamento e la ripulitura, ma anche la catalogazione e documentazione del sito, è iniziato il complesso lavoro di ricostruzione. Il progetto prevede di rimettere ogni concio al suo posto, collocando tra un blocco e un altro dei “cuscinetti” altamente tecnologici che possano alleggerire la pressione e, nello stesso tempo, sono facilmente removibili in futuro.
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