Il presunto scandalo di “rimborsopoli” scoppiato al consiglio comunale di Agrigento si sgonfia. Il gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha archiviato, accogliendo la richiesta del pm Chiara Bisso, il procedimento nei confronti degli ex consiglieri comunali di Agrigento Alfonso Vassallo, Francesco Picone, Alfonso Mirotta e Antonio Cicero, e dell’ex presidente provinciale di Confartigianato Francesco Giambrone. Erano stati accusati, a vario titolo, di truffa e falso nel contesto di un’inchiesta condotta dalla Procura su presunti raggiri messi in campo per mantenere rimborsi e gettoni di presenza non dovuti.

Origine dell’inchiesta nel 2017

La vicenda venne definita “Rimborsopoli” e i quattro indagati ricevettero l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nel 2017. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Mirotta, Picone e Vassallo avrebbero fatto ricorso a firme false per ottenere deleghe alla partecipazione delle commissioni consiliari. A Vassallo, diventato segretario provinciale di Confartigianato, e all’allora presidente della sigla di categoria, si contestava un’assunzione fittizia per ottenere i rimborsi previsti dal Comune, mentre a Cicero, l’aver trasferito fittiziamente la residenza a Palermo per ottenere i rimborsi per le spese del viaggio. Tutte accuse che sono state archiviate.

Pm: “Mancano riscontri”

Il pm Bisso ha scritto che “non sono stati acquisiti riscontri sufficienti a considerare configurabili le fattispecie delittuose indicate”. Gli indagati erano difesi dagli avvocati Daniela Posante, Stefano Catuara e Tanja Castronovo, Salvatore Guagliardo, Alfonso Neri e Salvatore Pennica.

I presupposti dell’inchiesta

Nel 2017 la guardia di finanza di Agrigento aveva eseguito un’ordinanza di sequestro preventivo. Sotto sequestro finirono le somme che, secondo la magistratura, sarebbero state ottenute dagli indagati senza averne diritto. I provvedimenti cautelari riguardavano la “sussistenza di profili di rilevanza penale in una serie di condotte poste in essere” da alcuni componenti del consiglio comunale di Agrigento che fu sciolto. “Queste condotte, passate alla ribalta dell’attenzione mediatica nazionale – dissero all’epoca gli inquirenti – sono apparse da subito ‘distorsive’ delle prerogative e garanzie poste dall’ordinamento giuridico a presidio del corretto espletamento delle funzioni istituzionali proprie dei cosiddetti ‘amministratori locali'”.

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