Dopo le polemiche sull’organizzazione dello Sportfimfestival al teatro Pirandello, con zero spettatori, Alberto Re (uno degli organizzatori ndr) si è tolto la vita

La famiglia scrive lettera alla città.  “Voleva contribuire ad elevare il dibattito culturale, non gli è stato concesso, sui social viaggiano sentenze di condanna senza nemmeno il capo di imputazione”.

I fatti

La polemica è nata dopo la prima serata del Festival Internazionale del cinema sportivo che ha visto al teatro Pirandello senza nessun spettatore per il primo film in concorso “William & Mansell” dedicato al grande campione inglese di Formula Uno.

Le immagini della sala vuota hanno fatto il giro dei social, con feroci critiche, vignette satiriche e polemiche di cui si sono occupati  anche i giornali.

Nelle foto che circolavano sul web si vedeva una platea  vuota e presenza solo di uno piccolo gruppo di vigili del fuoco. Non c’era il pubblico, non c’erano il sindaco Francesco Miccichè né l’assessore alla cultura Costantino Ciulla.

La cosa incredibile è che nonostante il Festival sia giunto alla 43esima edizione e costata al Comune 35 mila euro,  nessuno o quasi sapeva dello svolgimento della manifestazione che si doveva svolgere  nell’ambito delle iniziative per Agrigento Capitale Italiana della Cultura del 2025. E da qui le critiche e l’ insano gesto.

La lettera della famiglia

“Alberto Re – scrivono i familiari- era un uomo prima che un padre, un marito e un nonno, un fratello e uno zio, un suocero, amante della vita, delle belle parole. Non amava infingimenti, ha fatto del garbo il suo stile di vita. Noi ci teniamo, perché siamo la sua famiglia, a raccontarlo per quell’uomo che mai si è sottratto alla onestà intellettuale e che sempre ha sorriso alle storture che possono capitare. Fino a qualche giorno fa. Poi l’onta che sale e che scalfisce, che non arretra e che violenta verbalmente una persona, ha consumato il vero danno. L’insano gesto è avvenuto in solitudine, nessuno della famiglia era presente, così come erroneamente riportato”.

La missiva continua: “Lui, che era un moderatore, che amava la pace, donandola, ha combattuto con  gentilezza quell’ingrato giudizio sommario, senza alcun fondamento, che lo ha reso fragile. Alberto amava scherzare, conosceva la delicatezza della sua amata Agrigento, voleva contribuire ad elevarne il dibattito culturale, non gli è stato concesso, sui social viaggiano sentenze di condanna senza nemmeno il capo di imputazione”.

“Si apra una riflessione”

Prosegue la famiglia nella lettera: “Si apra una riflessione su quello che è accaduto, lo si deve ad Alberto, perché mai più ci si possa trovare di fronte alla tempesta senza vestiti. Perché mai più ci si scaraventi contro un uomo con tale veemenza. Facciamo nostre le parole del Prefetto Romano, che ringraziamo per la sua grande lezione: ‘È cruciale evitare il ripetersi di simili vicende, la critica politica e giornalistica legittima ha superato i confini dell’umanità. Tutti coloro che ricoprono ruoli amministrativi devono impegnarsi a prevenire simili disonori’. Ringraziamo tutta la città di Agrigento per l’affetto enorme che sta dimostrando nei confronti della nostra famiglia, quanti si stanno unendo al dolore perché conoscevano l’uomo e il suo spessore”.