Maurizio Zoppi

Scrivo, parlo, respiro... ma non sempre in quest’ordine

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Qualche giorno fa, sono tornato a Lampedusa. La situazione legata ai migranti è sempre la stessa: i barchini arrivano davanti alla gente che ormai sembra essersi abituata a tutto questo, mentre il turismo continua a scorrere come se nulla fosse. Ma non è di questo che voglio parlare.

Vorrei raccontarvi invece di uno dei personaggi che abitano quest’isola bellissima e che la rappresentano con la sua stessa esistenza: Filippo Pucillo.

A molti il nome non dirà nulla, come non diceva nulla a me. Ne avevo sentito parlare solo di sfuggita, fino a quando la mia compagna e alcuni amici dell’isola – come Calogero Di Pietro – mi hanno descritto questo fenomeno della natura, un attore nato per il cinema.

Un giorno il regista Emanuele Crialese lo vide e lo trasformò in una star. Tornato dal viaggio, mi sono soffermato a guardare alcuni suoi film: Respiro e Terraferma. Tutto quello che mi avevano detto era vero. Filippo non recitava, viveva. La macchina da presa lo amava e lui restituiva verità, quella verità che solo certi volti e certi caratteri possono dare.

Eppure oggi Filippo non è a Roma o a Milano, né vive di tappeti rossi o interviste. Fa il “lettinista” da Kalo’s, al molo di Cala Pisana, come se la celebrità non avesse mai scalfito le sue radici. Ma dietro questa scelta di vita apparentemente normale, c’è una storia assurda, accaduta solo pochi mesi fa.

Scorrendo il suo Facebook, ho trovato un racconto che sembra uscito da una sceneggiatura, e invece è la cronaca di un vero miracolo. Durante una battuta per cercare patelle, Filippo è caduto da una scogliera, restando tutta la notte con le ossa rotte, bagnato e ferito, senza che nessuno potesse sentirlo. Nei suoi post scrive:

«Quel palo spezzato me lo ricordo molto bene dopo un mese e mezzo, sono sul posto dove sono caduto, dove ho passato tutta la notte bagnato urlando, dove i delfini mi erano vicini al dolore. Sono vivo anche grazie al mio coraggio, dove la Madonna di Porto Salvo mi ha salvato la vita».

Un’immagine potente, mistica, che intreccia la durezza della natura con la fragilità dell’uomo. A salvarlo furono i vigili del fuoco di Lampedusa, in particolare Giambattista Balistreri, un altro figlio dell’isola. Da allora, Filippo usa i social come un diario di bordo, raccontando fratture, dolore e la lenta risalita verso la normalità.

Io non lo conosco personalmente, ma credo che Lampedusa abbia persone con un’energia speciale. Filippo è uno di loro. Ha lavorato accanto a grandi attori, ha calcato set internazionali, ma non ha mai dimenticato se stesso, le sue radici, l’odore di mare e vento che solo Lampedusa sa regalare.

Raccontarlo non è solo ricordare un attore, ma è rendere omaggio a un’isola che, tra contraddizioni e miracoli, riesce sempre a sorprendermi.

 

 

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