Salvatore Zichichi
Salvatore Zichichi è un medico per devozione, mente innovativa e nerd, crede nelle relazioni umane come leva per trasformare la sanità e la realtà.
C’è un momento in cui smetti di sentire solo dolore, e cominci a sentire che puoi tornare a muoverti senza paura. Non è un istante preciso. È un processo. Un riavvicinarsi al corpo, passo dopo passo. E spesso, quel cammino comincia proprio lì: su un lettino, con un terapista che ti dice “oggi proviamo insieme”. In questi anni, come medico, ho visto tante riabilitazioni, sofferenze e malattie. E sicuramente ne vedrò ancora… Alcune riuscite. Altre interrotte. Ma quelle che funzionano davvero hanno sempre una cosa in comune: non curano solo l’articolazione. Curano la persona. Riuscire a diventare terapeuti della persona porta il professionista ad un livello differente, sia in termini di gratificazione personale che di risultati sul paziente. Il percorso giusto non si compra. Si costruisce nella magnifica alleanza tra terapeuta e paziente. E quando alcune malattie, traumi e disturbi ti portano a vedere il corpo come qualcosa di estraneo o fonte di dolore un bravo fisioterapista non si limita a scegliere un macchinario. Ti guarda camminare. Ti ascolta respirare. Ti chiede cosa ti manca di più. Il calcetto con gli amici? Prendere in braccio tua figlia? Dormire senza svegliarti dal fastidio? Quanti gesti quotidiani che possono passare dall’essere fonte di felicità a fastidio per dolori i impossibilità legate alla salute La riabilitazione – quella vera – non è mai solo recupero del movimento. È ricostruzione della fiducia. È dargli forza e possibilità di crescita o forse sarebbe meglio dire di rinascita. E per farlo servono attenzione, metodo, pazienza. Servono protocolli seri, certo. Ma anche empatia, tempo e onestà.
Ne parlo spesso con colleghi ed amici che stimo, come Giuseppe Di Maria. Fisioterapista anomalo. Curioso amante della vita e del benessere a 360* che vede il paziente nel suo complesso. Da sempre appassionato di sport che ha fatto della sua vita e delle sue passioni uno stupendo lavoro multidisciplinare. In modo contagioso, motivante ed ossessivo insegue le sue passioni e trasmette lo stesso a collaboratori e pazienti che si affidano ciecamente. Giuseppe lavora con atleti, certo. Ma anche con chi atleta non si è mai sentito ( vedi me! ). Con chi si è cimentato e non riuscito. Con ragazzi in piena forma e con nonni che hanno fatto un’operazione e vogliono solo poter tornare al mercato da soli. Nella sua visione, ciò che colpisce non sono solo le apparecchiature, le tecar, gli elastici. È il modo in cui si muovono i pazienti. Lo sguardo che hanno quando escono. Il modo in cui dicono “mi sento più sicuro”. Perché dare fiducia a chi ha difficoltà a controllare nuovamente il proprio corpo ha un qualcosa di magico che dona energia, autostima e voglia di cambiare, migliorare ed infine guarire.
Lì la riabilitazione non è un modulo da compilare. È una relazione che si costruisce. Serve una medicina che accompagni Lo dico con convinzione: oggi abbiamo bisogno di una cultura della riabilitazione nuova, capace di guardare oltre la fase post-operatoria. Una riabilitazione che non aspetta la frattura, ma lavora sulla prevenzione, la postura, l’autonomia, il ritorno alla vita attiva. E dobbiamo imparare a parlarne così anche con le persone: la fisioterapia non è “qualche esercizio per sgranchirsi”. È una medicina profonda, che passa dal corpo ma arriva alla psiche. Perché ogni gesto che recuperi è un pezzo di dignità che ritorna Ogni passo fatto senza dolore. Ogni notte dormita senza infiammazione. Ogni volta che riesci ad alzarti senza sentire un limite. Sono cose piccole. Ma chi le ha perse sa bene quanto valgono. E chi fa questo lavoro con cura, rigore e sensibilità – come Giuseppe e la sua equipe – non restituisce solo forza. Restituisce libertà.
“A volte pensiamo di dover sopportare. Ma la verità è che il corpo può guarire, se gli diamo il tempo giusto e le mani giuste. E se qualcuno ci cammina accanto, passo dopo passo”


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