C’è un’immagine che rimarrà impressa nella memoria collettiva: Piazza Tiananmen, il cuore simbolico della Cina, che si trasforma in palcoscenico di potenza. File interminabili di soldati, missili che puntano verso il cielo come minacce in attesa di compimento, e sopra quel teatro, tre volti che non hanno più bisogno di maschere: Xi Jinping, Vladimir Putin, Kim Jong Un.

Xi pronuncia parole solenni: “Il mondo deve scegliere tra pace e guerra”. Ma ogni dittatore, fin dall’alba della storia, ha sempre invocato la pace per giustificare la guerra. Così fece Augusto proclamando la Pax Romana e così fece Hitler parlando di “pace giusta” per il popolo tedesco. La pace, nelle bocche di questi uomini, è soltanto il silenzio dell’avversario sconfitto.

Oggi nasce — o meglio, si manifesta — il nuovo asse del male. L’espressione fu coniata da George W. Bush all’indomani dell’11 settembre, e pareva allora un artificio retorico, un nemico utile alla sua “guerra infinita”. Ma oggi l’asse non è più una formula: è carne e sangue, è acciaio e nucleare. È un fronte che si dichiara, senza pudore, alternativo all’Occidente.

La Cina sogna il primato tecnologico e commerciale; la Russia di Putin sogna l’impero perduto, la Terza Roma; la Corea del Nord rivendica il suo posto tra le potenze atomiche. Tre ambizioni diverse, eppure complementari. Un mosaico che ricorda certe pagine di Tucidide: là dove gli imperi si incontrano, nasce inevitabilmente la guerra.

E l’Occidente? È diviso, distratto, talvolta invecchiato. L’Europa discute di spread e di vincoli di bilancio; l’America si interroga sul suo declino, oscillando tra l’isolazionismo e i colpi di forza. Le democrazie, che dovrebbero essere la risposta al totalitarismo, appaiono come colossi dai piedi d’argilla. E qui sta la vera genesi dell’asse del male: non solo nella forza dei dittatori, ma nella debolezza delle democrazie.

La storia insegna. Ogni volta che la libertà si è addormentata sulle sue conquiste, i regimi autoritari hanno rialzato la testa. Il Novecento ce lo ha gridato con due guerre mondiali, eppure sembriamo aver dimenticato la lezione. Siamo forse troppo occupati a discutere del contingente per accorgerci che la storia, quella vera, si sta muovendo sotto i nostri occhi.

Ed ecco la domanda che incombe: saremo spettatori di questo spettacolo o sapremo tornare protagonisti? La libertà non è mai garantita per sempre. È un fiore fragile che va custodito ogni giorno, altrimenti il vento dei dittatori lo spazza via.

Così nasce l’asse del male: tra i fasti di una parata militare, nella retorica di una falsa pace, e soprattutto nel vuoto che le democrazie lasciano dietro di sé. Sta a noi, ancora una volta, decidere se quel vuoto diventerà la culla della barbarie o la scintilla di un nuovo risveglio.

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