Antonio Perna

Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet

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C’è sempre un momento, nella parabola di ogni governo che si dice “forte”, in cui si mostra per ciò che è: una fragile architettura di opportunismi, fedeltà di cartapesta, e clan pronti a sbranarsi alla prima occasione utile. 

Il 19 luglio in Sicilia, terra delle commemorazioni che subito si fanno carnevale, ha offerto la cartolina perfetta del potere in caduta libera. 

Da un lato la fiaccola per Paolo Borsellino, accesa da pochi con decoro. Dall’altro, il festino in casa Cuffaro, con tanto di presidente dell’Ars sorridente accanto a candidati in odor di “rinascita”.

Ora, si dirà che la Sicilia è fatta così. Che mescola il sacro e il profano, la memoria e la meringa, il lutto e la festa. Ma qui non si tratta di folklore. Qui si tratta di un gesto politico. Di una scelta. E Gaetano Galvagno, numero uno del Parlamento regionale e uomo di punta di Fratelli d’Italia, ha scelto. Non la via D’Amelio, ma la via della carne arrosto e dei brindisi con Totò Cuffaro, già simbolo – e non certo edificante – di un’epoca in cui lo Stato chinava il capo.

Dove stava Giorgia Meloni in tutto questo? Stava, come sempre, sola. Sola nella sua retorica legalitaria, nella sua bandiera dell’onestà, nelle sue frasi che rimbalzano nei comizi come slogan da manifesti scoloriti. Perché nel giorno in cui avrebbe dovuto dettare la linea – inequivocabile – sulla memoria e sulla giustizia, ha lasciato che il partito facesse scena muta. Un silenzio che, dalle parti della destra, somiglia più a un’omertà che a una prudenza.

Fratelli d’Italia si è dimostrato, in Sicilia, nudo. Non una classe dirigente, ma un’accozzaglia di apprendisti stregoni, cortigiani smarriti e fedelissimi a corrente alternata. La politica, quella vera, vive di scelte. Di rotture. Di atti simbolici. E quando un presidente d’assemblea preferisce Cuffaro a Borsellino, la scelta è fatta. E la solitudine della Meloni – incapace di correggere o punire – diventa complicità per omissione.

Non è questione di opportunità. È questione di dignità. E quando la politica abdica alla sua funzione etica, quando tollera il cortocircuito tra istituzione e memoria corrotta, il problema non è solo siciliano. È nazionale. È sistemico. E Fratelli d’Italia, che in nome della legalità ha costruito la sua narrazione muscolare, ha dimostrato d’essere debole proprio dove più serviva la schiena dritta.

“Non è un problema, il 19 luglio mi hanno invitato a un matrimonio”, ha detto Galvagno. Ecco il livello. Ecco il metro. Ecco l’uomo che rappresenta un popolo martoriato dalla mafia e dall’indifferenza. Un presidente che non distingue la liturgia civile dalla sagra di paese. Che dimentica Borsellino per abbracciare Cuffaro. E che sorride, mentre il paese affonda.

Ma il problema non è lui. Il problema è chi lo lascia lì. E cioè Giorgia. Sola, e sempre più distante dalla sua isola dorata…

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