Antonio Perna
Giornalista free-lance, tessera Odg 58807, cronista dal 1986 anno in cui l'Italia per la prima volta si connette a Internet
Se oggi Lillo Mannino osservasse la scena politica, la sua voce sarebbe, come sempre, lucida e severa.
Della Sicilia direbbe che troppo spesso si è smarrita tra assistenzialismo e frammentazione, perdendo il coraggio di investire su cultura, giovani e innovazione.
La sua Sicilia, quella che sognava di liberarsi dall’isolamento infrastrutturale e dal ricatto della precarietà, resta ancora un cantiere incompiuto.
Della politica nazionale sottolineerebbe l’assenza di una visione comune: l’Italia che un tempo sapeva immaginare grandi riforme oggi appare impigliata nei personalismi e nelle contrapposizioni sterili.
A suo giudizio, la politica non può ridursi a comunicazione e consenso immediato: deve tornare a essere architettura di futuro.
Sul piano internazionale, Mannino ricorderebbe che la nostra Repubblica non può mai dimenticare il respiro europeo. Egli, che fu tra i primi a dialogare con Bruxelles sull’agricoltura, ammonirebbe oggi a non chiudersi nei confini nazionali, ma a comprendere che l’Europa è la sola cornice capace di proteggere pace, diritti e sviluppo.
Di fronte alle crisi globali – dal Mediterraneo al Medio Oriente, dalla guerra in Ucraina alle tensioni asiatiche – la voce di Mannino direbbe che l’Italia ha una missione storica: quella di essere ponte tra civiltà, non spettatore muto degli eventi.
L’attualità di una lezione
In questo 86.mo compleanno, il suo messaggio rimane integro: la politica è un mestiere nobile, quando sa unire responsabilità e visione, radici e futuro.
Ed è per questo che, celebrando Lillo Mannino, celebriamo anche una lezione di civiltà politica che appartiene alla nostra storia, e che ancora oggi può indicarci la strada.
Who’s who
Calogero Antonio Mannino, per tutti Lillo, nasce ad Asmara il 20 agosto 1939. La sua vita attraversa come un filo teso le vicende della Repubblica italiana, e i suoi mandati ministeriali raccontano, meglio di ogni altra cosa, l’intreccio fra il destino di un uomo e quello di un Paese in perenne transizione.
La carriera politica di Mannino inizia nei ranghi della Democrazia Cristiana, dove si distingue ben presto per l’acume intellettuale e la capacità di interpretare le esigenze della Sicilia dentro una visione nazionale. Già sottosegretario agli Esteri negli anni Settanta, egli tocca le corde di una diplomazia attenta non solo agli equilibri internazionali, ma anche alle ricadute sociali sul Mezzogiorno.
Nel 1979 entra nel governo Cossiga come Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste: è un passaggio decisivo. L’Italia di quegli anni, stretta fra crisi energetiche e tensioni sociali, aveva bisogno di modernizzare il settore agricolo, e Mannino – da siciliano profondamente legato alla terra – introduce riforme volte a razionalizzare la politica agricola, anticipando un dialogo serrato con l’Europa.
Negli anni Ottanta, la sua voce si afferma sempre più nel dibattito sulla questione meridionale. Ministro dei Trasporti nel governo Fanfani, porta avanti un’idea di infrastruttura come volano di sviluppo, in un’Italia che cercava di ridurre il divario fra Nord e Sud. La sua azione, spesso ostacolata da resistenze burocratiche e da interessi contrapposti, rappresenta comunque il tentativo di inserire la Sicilia in un sistema di reti e collegamenti che la sottraessero all’isolamento.
Il passaggio più alto della sua carriera istituzionale arriva con il governo Andreotti, quando Mannino diventa Ministro del Mezzogiorno. Qui la sua azione si carica di significato storico. Non si trattava più soltanto di gestire fondi o progetti, ma di delineare una strategia che tenesse insieme occupazione, sviluppo industriale e coesione sociale. In questo senso, Mannino fu tra i pochi a leggere la modernizzazione come un processo complesso, che non poteva ridursi alla sola logica degli incentivi, ma doveva abbracciare cultura, formazione, reti civili.
Il suo percorso non fu mai privo di contraddizioni, né di attacchi: attraversò stagioni difficili, processi e accuse, dalle quali uscì assolto, portando con sé la dignità di chi aveva fatto della politica una missione. Come accade ai protagonisti della storia, la sua figura resta avvolta in luci e ombre, ma sempre dentro la grande cornice della democrazia italiana.
Oggi, nell’86.mo compleanno, Mannino rappresenta non soltanto un testimone del Novecento, ma anche un esempio di longevità politica e civile. La sua lezione è che la politica, se vuole essere attuale, deve restare ancorata ai bisogni reali delle persone, e allo stesso tempo capace di guardare oltre l’immediato.
È questa l’eredità di Lillo Mannino: un uomo ed un politico sempre attuale, perché radicato nella storia, ma proteso verso il futuro.
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