La Eni Mediterranea Idrocarburi Spa deve 12 milioni a titolo di Imu e Tasi al Comune di Gela. E’ quanto hanno deciso i giudici della corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia che hanno dichiarato il ricorso del colosso energetico inammissibile. Confermata quindi la decisione di primo grado a favore dell’ente locale difeso in giudizio dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino.  Già i giudici di primo grado avevano accolto le tesi del Comune contro la società proprietaria di tre piattaforme petrolifere a largo di Gela. Collocate esattamente a “Gela Mare”, “Gela Perla” e “Prezioso”. Il tribunale ha stabilito che la compagni deve pagare i tributi locali per il triennio che va dal 2016 al 2018, oltre agli interessi e alle sanzioni.

I motivi del pronunciamento

Una decisione non condivisa dall’impresa di estrazione di materie prime petrolifere che quindi si è rivolta al giudice di secondo grado. Ad essersi espresso il collegio composto dai giudici Dauno Fabio Glauco Trebastoni (presidente), Gaetano Costa (relatore) ed Eugenio Mirabelli (componente). E’ stato ritenuto comunque di doversi pronunciare anche sul merito della causa.  Riprendendo i punti salienti della prima sentenza favorevole al Comune, i giudici tributari hanno rilevato che le piattaforme petrolifere “sono classificabili nella categoria D/7”. Quindi, in mancanza di una rendita catastale, questa si deduce dal valore iscritto nel bilancio. Quindi il Comune ha il potere di tassare le petroliere in quanto “sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’ente regione e degli enti locali”.

Compagnia risponde a “criteri tipici dell’imprenditoria privata”

I magistrati hanno sottolineato certamente “le speciali esigenze di un’attività industriale”. Per quanto produttiva, e quindi garantisca “indubbi e fondamentali riflessi sull’economia generale e sulle scelte energetiche nazionali”, risponde comunque ai “criteri tipici dell’imprenditoria privata”. “La decisione – spiega l’avvocato Alessandro Dagnino – sancisce la correttezza delle nostre argomentazioni relative al merito, avanzate in primo e in secondo grado. Credo anche che sia di assoluto interesse per il fatto di essere una delle prime in Italia a dichiarare l’inammissibilità per violazione del dovere di sinteticità”.