“Non vogliamo la demolizione del palazzo di giustizia di Gela così come non ci siamo mai opposti, in passato, all’ordinanza comunale di esproprio dei nostri terreni per la costruzione del presidio giudiziario. Abbiamo solo chiesto, e finora mai ottenuto, o una congrua valutazione dell’area che ci è stata sottratta e non ancora pagata o la sua restituzione”. Lo dicono i sei proprietari dell’area di 20 mila metri quadrati su cui sorge il tribunale, all’indomani dell’ordinanza con cui il consiglio di giustizia amministrativa di Palermo, nel rispetto della precedente sentenza emessa dallo stesso Cga nel 2012, intima al Comune di Gela (a suo tempo, riconosciuto responsabile dell’illegittima occupazione dei suoli) di trovare un accordo con i proprietari.
In assenza di una transazione c’è il concreto rischio che si debba procedere alla demolizione dell’intero palazzo di giustizia per restituire l’area ai legittimi proprietari, ripristinando l’originario stato dei luoghi. Il sindaco dell’epoca era Rosario Crocetta e vice sindaco l’avv. Elisa Nuara, attuale componente del Cga, su nomina dello stesso governatore.
Per Paolo Fiore, presidente del tribunale, costruito appena 5 anni fa, si tratta di “una situazione kafkiana”, ma con una sola via d’uscita: “bisogna che il Comune trovi un accordo con i proprietari e paghi gli espropri“. Secondo stime di massima, occorrerebbero da 4 a 8 milioni di euro.
“In 14 anni di contenzioso – fanno sapere i titolari (le famiglie Calafiore e Benvenuti) – l’amministrazione comunale di Gela non ci ha mai chiamati per un confronto sereno e costruttivo sulla vicenda. Ci hanno offerto inizialmente 35 euro al metro quadrato. Inaccettabili perché lo stesso Comune ci faceva pagare l’Ici per un valore stimato dall’Ute di 208 euro al metro quadrato. Quindi l’area veniva valutata scadente quando c’era da pagare l’esproprio ma pregiata quando si trattava di incassare le tasse”.
Per l’attuale sindaco di Gela, Domenico Messinese, “bisognerà trovare una soluzione ragionevole alla vicenda cercando tutelare gli interessi pubblici e quelli dei privati, impedendo il default del Comune di Gela”.
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