La Corte di appello di Caltanissetta ha assolto i giornalisti Josè Trovato e Giulia Martorana, imputati per favoreggiamento personale nei confronti di ignoti e pubblicazione di atto coperto dal segreto istruttorio. I giudici prima sezione penale, presieduta da Andreina Occhipinti, a latere Giovanbattista Tona e Marco Sabella, hanno confermato la sentenza che era stata emessa dal Tribunale di Enna (impugnata dal Pg nisseno).
I giornalisti erano alla sbarra in relazione ad articoli pubblicati, rispettivamente, sulle colonne del Giornale di Sicilia e de La Sicilia, il 9 settembre del 2008, sull’omicidio di Carmelo Governale, il cui cadavere fu dato alle fiamme e distrutto all’interno di un’auto, poi sospinta tra i rovi di contrada Montagna Gebbia a Piazza Armerina (Enna).
La notizia, pubblicata a un anno dal delitto, riguardava alcuni aspetti dell’indagine, ma soprattutto confermò per la prima volta che i resti rinvenuti appartenevano effettivamente alla vittima.Questo indusse i carabinieri ad aprire un’inchiesta e depositare in Procura una comunicazione di notizia di reato a carico dei cronisti, che interrogati, per ben due volte, si rifiutarono di rivelare l’identità della propria fonte confidenziale.
In questo modo, secondo l’impostazione della Procura di Enna, ritenuta insussistente sia in primo grado che in appello, avrebbero aiutato un “ignoto” a eludere le indagini dell’autorità per il reato di rivelazione del segreto istruttorio; non avendo, per i Pm, alcun diritto di avvalersi del segreto professionale, perché allora entrambi giornalisti pubblicisti e non professionisti. La sentenza era stata impugnata dalla Pg, che ieri mattina, in aula, aveva chiesto la condanna di entrambi gli imputati a 5 mesi di reclusione.
Trovato è difeso dagli avvocati Gioacchino e Alberto Sbacchi e Salvatore Timpanaro, Martorana dall’avvocato Gianfranco D’Alessandro. La soddisfazione del collegio di difesa è espressa dall’avvocato Timpanaro, che in aula aveva anche chiesto al giudice un ricorso in via incidentale alla Corte Costituzionale, perché il codice di procedura, discriminando i giornalisti pubblicisti rispetto ai professionisti, violerebbe alcuni articoli della Costituzione (3, 21 e 71), oltre alla Convenzione Europea per i diritti dell’uomo (Cedu).
“Accogliamo con viva soddisfazione la decisione della Corte di Appello – ha detto l’avvocato Timpanaro –. Attendo di leggere le motivazioni della sentenza. Spero che l’assoluzione sia motivata in diritto e sancisca definitivamente la legittimità dell’operato dei giornalisti, che, tenendo dritta la schiena, opposero al pubblico ministero il segreto sulle fonti. Sul punto ho sollevato la questione di legittimità costituzionale perché la facoltà di opporre il segreto è riconosciuta dalla legge solo ai giornalisti professionisti e non anche ai pubblicisti; disparità di trattamento che è incostituzionale, irragionevole e contraria alle convenzioni internazionali recepite in Italia”.
Josè Trovato, che è anche segretario provinciale dell’Assostampa, dal canto suo, definisce chiusa “una brutta pagina di vita vissuta” e punta sull’importanza della sentenza. “La libertà d’informazione è una cosa seria – afferma Trovato –. Per un giornalista, proteggere l’identità di una fonte confidenziale, è una questione d’onore”.
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