A Gela, in provincia di Caltanissetta, la Polizia ha confiscato beni per un valore di 500 mila euro a un noto pregiudicato della città dopo un provvedimento il Tribunale nisseno. La confisca riguarda un’impresa, dedita all’allevamento di ovini e caprini, terreni, fabbricati, depositi a risparmio e conti correnti.

Il provvedimento del Tribunale nisseno

Nel dettaglio, i poliziotti della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Caltanissetta hanno dato esecuzione a un decreto di confisca, emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale, nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di un 50enne. Con il provvedimento sono stati confiscati tutti i beni in sequestro, compresa ogni accessione e pertinenza, per un valore complessivo di circa 500mila euro, nonché quelli riconducibili allo stesso, intestati alla moglie.

I beni sequestrati

Sono stati confiscati un’impresa, dedita all’allevamento di ovini e caprini, comprensiva dell’intero complesso aziendale, 15 terreni e 4 fabbricati, ubicati nel territorio del comune di Gela, 2 depositi a risparmio e 2 conti correnti.

Le indagini

Il sequestro è scaturito dalle indagini patrimoniali, svolte dalla Polizia. E’ stato accertato come il valore dei beni nella disponibilità del 50enne, intestati anche ai congiunti stretti, risultava sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e alle ulteriori entrate lecite, dovendo quindi concludere che esso era il frutto delle attività illecite e ne costituiva, comunque, il reimpiego. Nel novembre del 2019 il questore di Caltanissetta aveva avanzato proposta per il sequestro dei beni, facendo emergere l’illecita provenienza degli introiti utilizzati per l’acquisto degli stessi. Tali elementi avevano permesso alla sezione misura di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta di disporre il sequestro dei beni oggi sottoposti a confisca.

“Soggetto pericoloso”

Il 50enne, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, ha manifestato le proprie condotte antisociali con continuità e ha votato tutta la propria vita, a partire dalla maggiore età, alla commissione di crimini, anche di notevole allarme sociale. Numerosi i collaboratori di giustizia che lo hanno indicato quale soggetto appartenente a “cosa nostra”, reggente del “clan Emmanuello”.  L’uomo è stato condannato a otto anni di reclusione, per associazione di tipo mafioso, con sentenza del Tribunale di Caltanissetta del luglio 2010, confermata dalla locale Corte di Appello e divenuta irrevocabile nel settembre del 2013. Sempre, con sentenze irrevocabili, è stato condannato per ricettazione, detenzione e porto di armi da sparo, furto e pascolo abusivo.