Due uomini sono stati arrestati a Caltanissetta con l’accusa di maltrattamenti nei confronti delle rispettive compagne. La Polizia di Stato ha eseguito due misure cautelari, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta della Procura, al termine di un’indagine lampo della Squadra Mobile.
Violenza fisica e psicologica
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli indagati avrebbero posto in essere ripetuti episodi di violenza fisica e verbale nei confronti delle donne, rivolgendo loro anche minacce e ingiurie. Uno dei due uomini era già noto alle forze dell’ordine per analoghi reati commessi lo scorso anno.
Misure cautelari e braccialetto elettronico
Il GIP, valutati i gravi indizi di colpevolezza, ha disposto per uno degli indagati gli arresti domiciliari, mentre per l’altro il divieto di avvicinamento alla vittima. In entrambi i casi è stata disposta l’applicazione del braccialetto elettronico. Grazie a questa tecnologia, la Sala Operativa della Questura di Caltanissetta sarà immediatamente allertata nel caso in cui l’indagato tenti di avvicinarsi alla persona offesa.
Minacce e maltrattamenti alla convivente, condannato a 3 anni ed al risarcimento
La seconda sezione del Tribunale di Palermo presieduta da Roberto Murgia ha condannato un uomo a 3 e mesi 6 di reclusione oltre alla rifusione della somma di 30 mila euro a titolo di risarcimento dei danni subiti dalla convivente e dal figlio che si erano costituiti parte civile. Le vittime sono state assistite dall’avvocato Giada Caputo.
I fatti risalgono a metà luglio dello scorso anno
I fatti risalgono al 17 luglio 2023 quando la donna di 40 anni si presentava ai carabinieri in un centro del palermitano per denunciare una lunga serie di maltrattamenti, liti, lesioni e minacce di morte rivolte anche al figlio con l’utilizzo di una pistola.
Le aggressioni ripetute
L’uomo in più occasioni al termine dell’ennesima aggressione con calci e pugni, aveva minacciato la convivente e il figlio profferendo frasi come “ ti voglio ammazzare, non devi più tornare a casa, ti voglio mandare al cimitero”, creando uno stato di terrore e di ansia e preoccupazione per l’incolumità del figlio che in precedenza aveva subito lesioni a causa delle percosse da parte del padre. I carabinieri avevano accertato che l’uomo era stato già indagato per atti di violenza e avrebbe fatto abuso di alcool.
Le parole dell’avvocato Giada Caputo
“ In un piccolo centro – ha affermato l’Avvocato Giada Caputo – una donna che trova il coraggio di rompere il muro dell’omertà e del silenzio e di denunciare formalmente abusi e soprusi, rappresenta un fatto di grande valore sociale. Sono contenta di avere sostenuto la donna non solo dal punto di vista professionale con la costituzione di parte civile, ma anche dal punto di vista morale , in quanto il suo gesto di grande coraggio e ribellione civile, potrà costituire un importante precedente nei confronti di tante altre donne che subiscono senza denunciare”.
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