È il momento del ricordo, del lutto. Tutta Scordia, in lutto cittadino, ha dato l’ultimo saluto alla chiesa di Gesù del Redentore ai feretri di Nello Gambera ed Angioletta Caniglia. Marito e moglie, l’uno accanto all’altro come in quel maledetto 25 ottobre quando tornando da Catania vennero sorpresi dall’alluvione. Erano andati da un amico ma la piena li ha sorpresi.

L’abbraccio del paese

C’è tutto il paese, silenzioso ed unito nel dolore, ad accogliere i due coniugi. Dentro la chiesa in cui si sono svolti i funerali in forma solenne sono presenti tutti i sacerdoti di Scordia, il sindaco Francesco Barchitta con tanto di fascia e gonfalone ufficiale del Comune, i primi cittadini del circondario, ovvero di Palagonia e Militello, nonché tutte le autorità.

C’è solo tristezza nel vedere due vite così miti (lui 67 anni, lei 61) spezzate via all’improvviso da qualcosa di troppo grande.

Le inchieste aperte dalle procure di Caltagirone e Catania accerteranno le eventuali responsabilità. Ma il vescovo di Caltagirone Calogero Peri, nella sua omelia, ammonisce: “è il giorno in cui tutti sono totalmente smarriti da non sapere con cosa o chi prendersela”.

Protezione civile e croce rossa in prima fila

Sul sagrato, schierati, ci sono gli uomini e le donne della protezione civile e della croce rossa. Attendono anche loro il passaggio dei due cortei funebri, salutano in silenzio le due persone che hanno cercato per giorni nella speranza di una buona notizia. Le loro divise sembrano un modo di dire che queste cose si seguono fino in fondo. Non ci si tira fuori solo perché il proprio lavoro è finito.
Poi i corpi dei coniugi entrano in chiesa per l’ultimo saluto. I funerali dovevano essere svolti da un’altra parte, ma alla fine si è scelto di spostarsi nella chiesa del Gesù Redentore perché ci sarebbe stato lo spazio per contenere in sicurezza tutte le persone che avrebbero voluto venire a portare un fiore. Le persone scivolano dentro e l’edificio, nonostante la sua grandezza, è pieno.
Nessun applauso, solo estremo dolore
Dopo un’ora si svuota la chiesa. Il silenzio rimane lo stesso. Non ci sono applausi. Non c’è la forza neppure per alzare il tono della voce come accade a volte per morti di cui non ci si riesce a spiegare il motivo. Ci si fa il segno della croce, e le due bare sempre affiancate, vengono caricate sulle auto.

“La natura da alleata a nemica”

Monsignor Calogero Peri, durante la sua omelia, tenta di mettere ordine ai pensieri di tutti. Prova a dare voce a quello che ancora è confuso.

“Siamo qui riuniti per ribadire la nostra forza, il nostro coraggio, per non perderci d’animo – dice Peri nella sua omelia – per non perdere il senso e la bellezza della nostra vita, per continuare ad andare avanti senza dimenticare l’insegnamento di questa tragica lezione. Siamo così smarriti che non sappiamo con cosa, con chi prendercela. Ci sono più domande che risposte: avremmo potuto fare qualcosa? Avremmo potuto evitare questi accadimenti, e conseguenze? Per molte persone queste domande restano sempre risposte, e anch’io mi chiedo: ‘Non potevo intervenire, non potevo fare qualcosa?’, ma anche questa domanda resta avvolta nel mistero”.

“Il vescovo di Caltagirone guarda in una direzione precisa, quella degli eventi troppo grandi per spiegarseli come alluvioni e le catastrofi naturali. Ma non offre soluzioni, vuole un impegno: “Questo non è il momento né il luogo in cui facciamo analisi e troviamo colpevoli, ma a tempo e luogo debito queste analisi le dobbiamo fare per non continuare a piangere morti così. Perché è vero che c’è la tragicità, ma forse un po’ di responsabilità c’è, e da parte di tutti”.

Ed incalza: “Non possiamo continuare a parlare e discutere e poi continuare a maltrattare, sfruttare, violentare la terra. Non possiamo continuare a parlare, a blaterare parole, e poi farci prendere dall’amnesia per le parole che abbiamo detto. O ci decidiamo, o davvero accadrà l’imprevedibile, il punto di non ritorno. È tempo di fare sul serio, perché il conto che la natura è talmente salato e evidente che non possiamo più disattenderlo”.

“Dobbiamo prendercela con noi stessi”

“Ce la prendiamo con il destino e il fato – continua Monsignor Peri – ma dobbiamo prendercela con noi stessi, ciascuno per le cose che non ha fatto, per gli impegni che non abbiamo portato avanti. Oggi è difficile intonare il Laudato sì o mio Signore, perché la madre terra da alleata è diventata nemica: questo è oggi il dramma”.

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