A Catania per partecipare alla firma del protocollo per la legalità (l’ennesimo da queste parti) sulle misure di prevenzione e contrasto alla corruzione nella Pubblica Amministrazione, il presidente nazionale dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone parla del settore rifiuti, della sanità e del Cara di Mineo.

Fu proprio il magistrato napoletano ad aprire, assieme ai pm titolari dell’inchiesta di romana Mafia Capitale e a quelli di Catania e Caltagirone, la stagione dei sospetti sulla gestione del Cara. Il presidente dell’Anac, nel giugno dello scorso anno, avanzò al prefetto di Catania la richiesta di commissariamento dell’appalto per il centro di Mineo ritenendo irregolari le procedure d’affido.

Oggi Cantone non nasconde la propria amarezza: “Quello del Cara di Mineo per noi resta un piccolo punto di dispiacere perché una serie di cose le avevamo dette prima. I nostri pareri non sempre sono vincolanti, ma  oggi con il nuovo codice degli appalti lo sono molto di più”.

Ricostruendo la vicenda il presidente dell’Anac afferma: “Forse se la stazione appaltante fosse intervenuta correggendo una serie di problemi, non si sarebbero trovati esistenti nel momento in cui sono intervenute le ordinanze cautelari. Quell’appalto, per come era stato strutturato, rendeva evidentissimo che era un abito cucito su misura”.

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