Ha rigettato ogni accusa nell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip di Catania, il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, agli arresti domiciliari per istigazione alla corruzione nell’ambito dell’operazione ‘Aetna’ della guardia di finanza coordinata dalla locale Procura. Lo rendono noto i suoi legali, gli avvocati, Carmelo Peluso e Maria Mirenda, sottolineando che “ha risposto a tutte le domande del Giudice”.
Calanna ha “negato decisamente di aver chiesto utilità illecite per se o per i propri amici e dimostrando come nel particolare caso di finanza di progetto, la ipotizzata condotta di istigazione alla corruzione sarebbe stata del tutto impraticabile”. In particolare, riferiscono i suoi legali, ha dichiarato di “avere manifestato l’interesse pubblico all’opera, esaurendo gli atti di sua competenza perchè ogni ulteriore approvazione sarebbe stata appannaggio del Consiglio comunale di Bronte”. Secondo l’accusa, il sindaco di Bronte avrebbe chiesto ad un’azienda interessata all’affidamento della gestione della manutenzione e sfruttamento dell’energia elettrica prodotta dall’acquedotto comunale di “prevedere nel piano dei pagamenti di spesa da far approvare al Comune un aumento del valore di 20.000 euro del costo del collaudo”. Soldi che, sostiene Procura, Calanna voleva per sé. Richiesta rifiutata dall’imprenditore.
Hanno respinto le accuse anche l’imprenditore Francesco Augusto Russo Morosoli e il suo dipendente Agatino Simone Lo Grasso, due dei quattro indagati posti agli arresti domiciliari dalla guardia di finanza nell’ambito di un’inchiesta sull’appalto per le escursioni sull’Etna della Procura etnea.
Si è invece avvalso della facoltà di non rispondere il dirigente dell’area tecnica del Comune di Linguaglossa, Francesco Barone, di 65 anni, indagato come gli altri per turbata libertà degli incanti e corruzione. Un socio in affari d Morosoli, Salvatore Di Franco, difeso dall’avvocato Walter Rapisarda, sarà interrogato domani. Sul presunto monopolio che Russo Morosoli avrebbe avuto sull’Etna, l’imprenditore, assistito dall’avvocato Carmelo Peluso, ha sottolineato di “avere rinunciato nel 2017 a partecipare alla gara proprio per non volere responsabilità” e per lo stesso motivo non si è presentato nel 2018.
“Basta essere accusato di essere un monopolista – ha detto Russo Morosoli – non ho più la gestione di Etna Nord, perché mi basta il versante Sud del vulcano”.
L’imprenditore ha anche respinto l’accusa di estorsione nei confronti di giornalisti di Ultima Tv di cui era fondatore ed editore costretti, secondo l’accusa, ad accettare un contratto a tempo determinato o essere licenziati. “L’emittente – ha sostenuto Russo Morosoli – è nata due anni fa e non sapevamo se fosse stata in grado di sopravvivere o se andava chiusa. Ho chiesto alla redazione di avere pazienza, in attesa di valutare il futuro della Tv. Due-tre giornalisti si sono messi contro, dicendo di volere un contratto a tempo indeterminato. Mi sono arrabbiato moltissimo perché ho detto: ‘o tutti o nessuno’. In quel momento mi è venuta voglia di chiuderla Ultima Tv’. Lo Grasso ha anche lui rigettato ogni accusa, sottolineando di “essere un dipendente” e quindi un “esecutore di ordini”.
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