A Catania un detenuto del carcere di Piazza Lanza ieri mattina intorno alle 11 nel reparto “Amenano”  ha tentato di strangolare un agente della polizia penitenziaria. Il poliziotto lo stava facendo rientrare in cella ed è riuscito, dopo una colluttazione, a divincolarsi e a dare l’allarme. A rendere noto l’accaduto è il consigliere nazionale per la Sicilia del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, Francesco Pennisi. “Prontamente interveniva l’ispettore di sorveglianza generale unitamente ad altro personale disponibile – aggiunge il sindacalista – al fine di ripristinare l’ordine e la disciplina”.

Le conseguenze dell’aggressione

A seguito di quanto accaduto, l’agente ha dovuto far ricorso alle cure dei sanitari all’ospedale cittadino, da dove è stato successivamente dimesso. Il detenuto aggressore, di origine messinese, pare si sia scagliato contro l’agente per motivi relativi ad un presunto eccessivo ritardo dell’agente a rispondere ad una sua chiamata”.  Pennisi evidenzia che “i futili motivi del gesto fanno chiaramente emergere ancora una volta le gravi problematiche di ordine e disciplina dell’istituto penitenziario catanese che, tra l’altro, da circa due mesi è privo del comandante titolare, trasferito in altra sede”.

Una serie finita di episodi

Da tempo si registra un’escalation di violenza all’interno dei penitenziari siciliani. L’ultimo grave caso appena qualche giorno fa dove 17 detenuti hanno dato vita ad una rivolta avvenuta nel carcere di trapani. Hanno innescato eventi  violenti e poi si sono asserragliati in un’area distruggendo le suppellettili di un intero piano. Per evitare l’ingresso del personale i detenuti hanno bloccato lo sbarramento usando i piedi di legno dei tavolini, cospargendo di olio il corridoio, pronti pure ad adoperare le bombolette di gas contro la polizia penitenziaria.

Le mani legate

Secondo i sindacati la polizia penitenziaria avrebbe le mani legate, per via dei rischi legali a cui incorrono in caso di reazione, con la possibilità di essere incrimina tori come “torturatori”.  Una soluzione potrebbe essere quella di trasferire i detenuti recidivi facinorosi in reparti speciali.

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