“Il fenomeno che è accaduto a Catania è orrendo” e ancora “il tema della sicurezza degli ospedali che poi in Sicilia ha riguardato una serie di casi mi preoccupa molto” per questo “ho convocato oggi una riunione per cercare di capire se dietro questo caso c’è qualcosa di più profondo e come possiamo intervenire”. Il ministro poi prosegue sullo stupro di Catania: “È avvenuto in un luogo che dovrebbe essere sicuro, dentro la guardia medica dove lavorano per la maggior parte dei casi donne”. “Non possiamo permettere che il luogo che dovrebbe essere sicuro per eccellenza, divenga un luogo dove può accadere tutto” conclude.

“Quello che è successo a Catania, e non si tratta purtroppo di un caso isolato, ha ucciso ogni sentimento di comprensione: qui non si tratta di aggressività, ma di violenza gratuita, qui non si tratta di pazienti, ma di delinquenti, qui non si tratta di prendere provvedimenti sul caso specifico, ma di ridisegnare, con interventi strutturali e di sistema, l’intero servizio di Guardia Medica e di mettere finalmente in sicurezza i nostri professionisti”.

Così il presidente della Fnomceo (Federazione degli Ordini dei medici e dei dentisti di tutta Italia) Roberta Chersevani, interviene sull’episodio della dottoressa di turno in una guardia medica nel catanese, aggredita e violentata da un suo paziente.

“Lancio una proposta – prosegue, rivolta alle Istituzioni – valutiamone la fattibilità: perché non spostare le guardie mediche all’interno delle Stazioni dei Carabinieri, che sono capillari sul territorio, o delle postazioni di Polizia? Non occorrono attrezzature sofisticate, è sufficiente quella di un normale ambulatorio”.

Secondo il vertice dei medici, “dobbiamo agire subito: se salta la fiducia, la relazione di cura, salta non solo il servizio di guardia medica, che sarà sempre più disertato, ma tutto il Sistema sanitario”.

“Quanto accaduto stanotte a un dottoressa di turno alla guardia medica nel Catanese aggredita e violentata da un 26enne è una tragedia annunciata”. Lo afferma il segretario nazionale del Codacons Francesco Tanasi, aggiungendo che l’associazione “già da mesi è duramente intervenuta contro le aggressioni ai medici dei Pronto Soccorso, lanciando proprio la campagna ‘Basta violenza negli ospedali’ e chiedendo al Governo nazionale l’invio dell’Esercito in Sicilia negli ospedali e nelle guardie mediche per l’incolumità del personale medico e paramedico”.

In seguito a quanto accaduto il Codacons si trova a dover “richiedere ancora una volta al Ministro dell’Interno il presidio delle forze dell’ordine e l’utilizzo di guardie armate presso tutte le guardie mediche della provincia di Catania, ma anche del resto della Sicilia”.

Il Codacons chiede inoltre che “tutte le unità di vigilanza impiegate presso le commissioni invalidi dell’Asp, Inps e sedi amministrative dell’Asp siano immediatamente spostate nelle guardie mediche” ed annuncia che si costituirà parte civile e che chiederà alla magistratura di accertare “se la guardia medica aveva adeguate misure di protezione e vigilanza”. L’associazione infine rivolge un invito all’assessore regionale alla Sanità e al direttore provinciale dell’Asp di Catania, chiedendo loro “se non sia il caso di fare un passo indietro”.

“Ora basta! La violenza verbale o fisica colpisce circa il 90% dei medici italiani. Lo evidenziamo al Governo da anni, senza alcuna risposta. Ancora una volta, oggi, ribadiamo che è necessario e urgente uscire da questa situazione di emergenza”. Lo afferma in una nota il segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi) Pina Onotri. Il sindacato si dice “solidale con la vittima, una donna e un medico che operava per garantire la continuità dell’assistenza ai cittadini e che ha subito la più brutale delle aggressioni”.

“Purtroppo, questa vicenda ripropone il problema dell’eccessiva esposizione delle strutture ambulatoriali ad episodi di questo tipo. Sempre più di frequente si hanno notizie di danni alle cose o aggressioni ai medici e al personale di assistenza. A volte si tratta di aggressioni brutali ed estemporanee come in questo caso specifico, spesso invece questi fatti sembrano corrispondere al clima di attribuzione ai medici di colpe che, nella maggior parte dei casi, sono del tutto lontane dalle responsabilità dei medici”. È quanto ha dichiarato Alessandro Garau, segretario del sindacato CoAS Medici Dirigenti.

“Sollecitiamo ancora una volta la pubblica amministrazione, l’assessorato, i prefetti, il governo ad aumentare la sicurezza negli ospedali suggerendo per tutte le aziende il servizio di guardia giurata”. Lo scrive in una nota il Nursind Sicilia, il sindacato delle professioni infermieristiche guidato da Francesco Frittitta, commentando la notizia. “Il Nursind – prosegue – rimane sbigottito dall’ulteriore atto di aggressione a una professionista sanitaria nell’esercizio delle pubbliche funzioni. Cogliamo l’occasione per mostrare la nostra vicinanza al medico nonché al professionista ancora una volta umiliato dalle condizioni di lavoro alle quali viene sottoposto da parte della pubblica amministrazione che a tutto pensa tranne che alla sicurezza dei propri operatori. Come sigla sindacale – continua il Nursind – e come operatori sanitari che lavorano in prima linea con un pubblico ormai diventato aggressivo per le lunghe liste di attesa e le code interminabili, chiediamo l’impiego di guardie giurate non solo nelle aree di pronto soccorso ma anche nei padiglioni lasciati scoperti e continuamente a rischio aggressioni”.

 “Un’altra aggressione alla guardia medica. Basta violenza. Organi preposti e istituzioni devono intervenire con urgenza mettendo in campo gli strumenti necessari. Il servizio di guardia medica è parte integrante del sistema sanitario nazionale alla stregua degli ospedali. E’ disonorevole continuare a considerarlo come una “solitaria” diramazione territoriale perché nei fatti è ciò che succede, nonostante le nostre denunce e la nostra disponibilità a fare la nostra parte”. Così Toti Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo.

“Quante vittime devono esserci ancora per destinare le giuste economie alla sicurezza, che è parte vitale di una società civile? Ormai siamo alla soglia di un bollettino di guerra – dice Amato -. E’ da anni che denunciamo il pericolo delle aree di continuità assistenziale, soprattutto per le donne, che svolgono il loro lavoro di notte e in condizioni non protette. Le guardie mediche sono aree pericolose dove è in gioco la vita umana e non possono rimanere sguarnite di tutela”.

“Chiederò un immediato incontro al Prefetto – sottolinea il presidente – perché sia accolto finalmente il nostro progetto ‘Savelife’, già proposto nel 2015 al prefetto e questore pro tempore, ma mai realizzato per mancanza di fondi. La sicurezza dei medici è priorità non più procrastinabile e le istituzioni devono dare gli strumenti necessari. I medici sono sempre in prima linea nella tutela di chi ha bisogno, ma questo non li esime dallo stigmatizzare l’inefficienza delle istituzioni. Pur comprendendo le esigenze di risparmio, non possiamo più permettere violenze e offese ai professionisti della sanità”.

Il progetto ‘Savelife’ prevede un’app per assistere i medici di continuità assistenziale durante il loro servizio, in grado di inviare, in caso di emergenza, una chiamata di sos con la posizione del medico, foto e video.

 

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