Evasione e frode fiscale all’ombra di Cosa Nostra con un giro d’affari da 100 milioni di euro ed evasione da oltre 30 milioni. Una vera e propria organizzazione avrebbe venduto bibite su tutto il territorio nazionale con base in dieci province, evadendo l’Iva e commettendo altri reati fiscali.

E’ quanto avrebbe scoperto la Guardia di Finanza nell’ambito di una indagine coordinata dalla Procura Europea di Palermo. Ad eseguire l’operazione sono stati i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania che hanno dato esecuzione, con il supporto dei Reparti del Corpo dislocati nelle province di Venezia, Vicenza, Messina, Siracusa, Salerno, Roma, Padova, Rieti, L’Aquila e Milano a un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 30 indagati.

I reati contestati e le misure cautelari

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania ha disposto una lunga serie di misure cautelari legate ad altrettanti reati.

Si tratta di dieci arresti (6 in carcere e 4 agli arresti domiciliari), nei confronti di persone gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla evasione e frode fiscale e a condotte plurime di bancarotta; 17 misure interdittive nei confronti di altrettanti indagati che riguardano il divieto di esercitare l’attività d’impresa, nonché il ruolo di rivestire uffici e funzioni direttive o amministrative presso società di persone o di capitali, anche per interposta persona, per la durata di un anno; il sequestro preventivo, di somme di denaro nella titolarità di 17 società di capitali e di 25 indagati fino a concorrenza del valore complessivo di oltre 30 milioni di euro, corrispondente all’imposta evasa ai fini dell’ Iva.

L’operazione denominata “Ultimo Brindisi”, coordinata dai Procuratori Europei Delegati dell’ufficio EPPO (European Public Prosecutor’s Office) di Palermo ha riguardato un articolato gruppo criminale che avrebbe illecitamente commercializzato bevande nel territorio nazionale in evasione dell’IVA.

Un incensurato a capo dell’organizzazione

Capo dell’associazione per delinquere sarebbe risultato un incensurato, classe 1983, figlio di esponente del clan mafioso “Santapaola”, attualmente ristretto al regime detentivo ex art. “41 bis” presso il carcere di Sulmona.

Le indagini, durate circa due anni, sono state eseguite attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, richieste di mutua assistenza e cooperazione amministrativa, indagini finanziarie e patrimoniali nei confronti di imprese in fallimento. Le stesse hanno consentito di appurare che il gruppo criminale, con base operativa e decisionale presso un deposito di Belpasso nel Catanese,  avvalendosi di imprenditori e professionisti, ha realizzato, negli anni, un volume d’affari superiore a cento milioni di euro, frodando il Fisco per oltre 30 milioni di euro.

La ricostruzione dell’organizzazione

L’organizzazione era strutturata su scala piramidale che, celandosi dietro così dette teste di legno, gestiva, di fatto, imprese inesistenti dette cartiere (missing trader) e interposte (buffer), grazie alle quali, in un vorticoso giro di fatture, avrebbe realizzato l’imponente evasione dell’IVA.

Le “cartiere” servivano a utilizzare e ad emettere fatture per operazioni inesistenti nella commercializzazione di bevande che, grazie all’evasione d’imposta, potevano essere vendute a prezzi altamente concorrenziali. Tra i meccanismi di frode vi era l’acquisto senza IVA di merci falsamente destinate all’estero, oppure il mancato versamento in Italia dell’imposta sugli acquisti provenienti dalla Repubblica di San Marino, dove l’organizzazione operava con un’azienda riconducibile allo stesso gruppo.

Il gruppo criminale simulava operazioni intracomunitarie, ovvero fra vari stati dell’UE con l’imposta sul valore aggiunto assolta dal destinatario della fornitura dei beni al posto del cedente,
tramite una società apparentemente situata in Bulgaria ma di fatto gestita in Italia sempre dalla stessa organizzazione.

La frode con i crediti d’imposta

Non solo tasse evase ma anche profitti illeciti pari a quasi 600 mila euro sono stati realizzati anche attraverso crediti d’imposta inesistenti, artificiosamente creati attraverso falsi corsi di formazione,  per il personale dipendente di alcune imprese facenti capo al gruppo criminale.

A carico di alcuni componenti del sodalizio sono stati riscontrati fatti di bancarotta fraudolenta
commessi mediante l’intenzionale conduzione all’insolvenza e conseguente fallimento di 3 società oberate dai debiti tributari, preventivamente drenate delle risorse finanziarie e private di beni strumentali, ceduti a prezzi irrisori.

Gli arrestati, le altre misure e i sequestri

La custodia cautelare in carcere riguarda 6 persone mentre gli arresti domiciliari 4 indagati. Fra loro due consulenti fiscali, padre e figlio, il primo, all’epoca delle investigazioni, già colpito da misura restrittiva degli arresti domiciliari; interdizione per 16 imprenditori e un ragioniere, il sequestro preventivo delle somme di denaro nella titolarità di 25 indagati e 17 imprese con sede a Catania, Messina, Padova e Roma, tutte operanti nel settore del commercio all’ingrosso e dettaglio di generi alimentari e bevande e del trasporto, di 98 immobili distinti in fabbricati (n. 48) e terreni (n. 50), siti in  provincia di Catania, Messina, Salerno, Roma, Padova, Siracusa, Rieti, L’Aquila e Milano e di 29 veicoli, per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro, quale profitto del reato di evasione fiscale ai fini dell’IVA.

 

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