Rompe davvero gli schemi il concerto che il Teatro Massimo Bellini presenta nell’ambito della stagione concertistica per celebrare la “Giornata della memoria”, rispettando la data canonica di sabato 27 gennaio (alle ore 20,30) con replica domenica 28 (alle 17,30). Colpisce intanto la scelta di un programma affatto scontato rispetto a quelli che si approntano per la ricorrenza, e ciò grazie alle ricerche di Francesco Lotoro, massimo esperto di quella che viene definita “musica concentrazionaria”, in quanto raccoglie il corpus delle composizioni create appunto nei campi di prigionia sparsi purtroppo in tutto il mondo, non solo dunque nei lager di sterminio tedeschi. Lo studioso pugliese lavora da anni in sinergia con il maestro Paolo Candido, chiamato a dirigere l’Orchestra del Bellini, per la quale sono stati selezionati rarissimi brani di compositori italiani deportati e costretti in cattività, non necessariamente dal Terzo Reich.

La peculiarità davvero rilevante di questo “Concerto della Memoria” consiste dunque nell’andare oltre la commemorazione della Shoah, fino a riunire in un unico afflato la sorte di quanti hanno condiviso il destino della detenzione nei campi di concentramento, che non sono stati solo di matrice nazifascista, ma rappresentano un fenomeno ricorrente di proporzioni molto più ampie. Basti pensare ai Gulag sovietici, ma invero nessun teatro di guerra o repressione ne è stato esente, sotto qualsivoglia bandiera e ideologia.

Il concerto del Bellini esalta in particolare tre esempi di uomini di straordinaria tempra, che – forti della loro formazione musicale – trovarono nella composizione la fonte per dare forza a se stessi e ai loro compagni. Tre eroi fortunati che, a differenza di tanti altri, ebbero la ventura di sopravvivere e di essere restituiti alle loro famiglie.

Apre la locandina Diario di guerra e di prigionia, ciclo sinfonico dell’anconetano Berto Boccosi, capitano di fanteria, catturato dagli Alleati e trasferito nei Campi di Gabès (Tunisia) e Saida (Algeria). Il modenese Giuseppe Selmi venne invece arrestato dalle truppe tedesche e deportato in due Stalag; durante la prigionia scrisse tra l’altro il Concerto spirituale per violoncello e orchestra, che ascolteremo con l’apporto del solista Francesco Montaruli. A chiudere sarà Himalayana, suite sinfonica del siciliano Giuseppe Capostagno (Palazzo Adriano, 17 aprile 1911 – Spoleto, 21 gennaio 1999). È un giovane tenente quando viene preso dalle milizie britanniche e trasferito in India nel Campo di Yol, dove prepara un’orchestra di musicisti prigionieri italiani. Qui compone Himalayana, con la quale partecipa a un festival musicale a New Delhi e lo vince. Un’altra vittoria è questa esecuzione alla pendici dell’Etna, la prima in epoca moderna.