Con l’ Industria 4.0 la logistica interna agli stabilimenti non sarà più gestita dall’operaio ma da robot in grado di sollevare pesi maggiori. La stima del Fondo monetario segnala che in Italia potrebbero bruciarsi 200 mila posti di lavoro, ma altrettanti potrebbero esserne creati, arrivando ad un saldo positivo frutto anche dell’agilità delle piccole imprese tipicamente italiane. Ma cosa accadrà a  Catania? Il nuovo processo digitale che automatizzerà la produzione e creerà interconnessioni, anche attraverso gli open data, è stato al centro del seminario della Cgil di Catania sui grandi mutamenti e le grandi sfide imposte dall’ Industria 4.0 che si è tenuto oggi nella Sala Russo di via Crociferi.

Ad introdurre i lavori è stato Claudio Longo (segretario confederale Cgil Catania). Tra i relatori Alessio Cremolati (segretario nazionale Industria Cgil), Franco Garufi (Cgil Sicilia), Monica Genovese (segretario regionale Cgil Sicilia). A concludere i lavori è stato Giacomo Rota (segretario generale Cgil Catania).

Di certo c’è che il nuovo ruolo del lavoratore, che dovrà arrivare preparato al cambiamento epocale, sarà quello di impostare il sistema informatico. Sarà poi il nuovo sistema a gestire lo stoccaggio, sulla base di sensori e degli input che il ciclo produttivo fornisce. Secondo le stime, si perderanno milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, ma se ne guadagneranno altri. Forse altrettanti, forse no. Tutto dipenderà dalla capacità della politica e dei territori di affrontare il cambiamento senza troppe perdite.

L’industria 4.0 non è dunque il futuro, semmai è la storia dietro l’angolo, persino il presente in alcune aziende catanesi, come la ST Microelectronics, la Micron e la nuova Leonardo di Finmeccanica; tutte vantano metodi e tecnologie produttive all’avanguardia.

Il 21 settembre scorso  il Governo ha presentato a Milano il nuovo “Piano nazionale Industria 4.0” dove sono previsti 13 miliardi sull’innovazione e sulla fabbricazione digitale. Il piano Italia 4.0 prevede detrazioni del 30% e detassazione del capitale investito  in startup per aziende e piccole medie imprese  innovative.

E Catania come risponderà, ma soprattutto come sta già rispondendo a questa nuova e inarrestabile sfida?
“L’area industriale  versa oggi in una situazione di grave e estremo degrado; non solo è sprovvista  di un’ adeguata  dotazione di infrastrutture materiali e immateriali, tra queste appunto la Larga Banda e Ultra Larga, ma manca addirittura una efficiente copertura dei sistemi energetici e  di illuminazione in tutto l’intero agglomerato industriale. – spiega Claudio Longo- La viabilità dell’intera zona industriale è infatti ridotta in condizioni veramente pericolose per tutti  gli automobilisti e lavoratori che ogni giorno raggiungono il sito. In assenza di interventi, ciò rischia di compromettere l’imminente  avvio  del nuovo  progetto Industria 4.0 che nei fatti, che piaccia o no, imporrà  al nostro territorio, scelte strategiche improcrastinabili, soprattutto nell’area industriale della nostra città metropolitana”.

Eppure, nella difficile zona industriale catanese, operano aziende e lavoratori altamente qualificati . “La nuova Leonardo in particolare oltre a fornire hardware e software alla aereonautica spaziale si occuperà proprio nello specifico di fornire i sistemi di hardware e software alle aziende che si vorranno dotare della nuova tecnologia improntata alla robotica e alla domotica. – continua Longo- E pensare che in assenza di banda larga e ultra larga, tutte le aziende fiore all’occhiello dell’intera Sicilia e non solo, sono costrette a ricorrere a costose connessioni internet via satellite”.

Resta però un quesito difficile al quale risponderà solo il tempo: Regione e Comune sapranno superare il grave ritardo, e trovare in zona Cesarini le soluzioni per ottimizzare il nuovo corso della 4° rivoluzione industriale?

Per Cremolati, “la sfida è aperta. E la divisione non riguarderà nord e sud Italia. Semmai c’è una polarizzazione che riguarda il mondo tra chi ha capacità di fare innovazione ed investimenti e chi non lo potrà o saprà fare. Ai lavoratori adesso bisogna chiedere creatività  ma per ottenere questo bisogna garantire una condizione di libertà. Cioè quello che in questo momento storico sta mancando”.

Che ruolo avrà il sindacato in questo panorama, si è chiesta Genovese: “Come cambierà il nostro modo di fare contrattazione? Può essere un’occasione per la Sicilia o si tratta di un treno in corsa che perderemo? Pensiamo che governare questa transizione significherà ridurre la probabilità che la digitalizzazione del mercato possa produrre nuove diseguaglianze sociali, discriminando i lavoratori attuali da quello che verranno, concentrando il potere nelle mani dei detentori delle piattaforme che avranno a disposizione dati, tecnologie e profitti con impatti occupazionali pari a zero. É necessario affiancare alle misure già esistenti una seria politica industriale che sostenga e incentivi gli interventi per fare uscire dalle crisi alcune aree industriali siciliane”.

Garufi ha invece segnalato che “anche in Sicilia esistono imprese che hanno investito in innovazione. In una percentuale più limitata di quelle del Nord, anche nella nostra isola ci sono imprese che ‘hanno spezzato l’andamento lineare e l’equilibrio statico del sistema’  come recita un’ analisi del 2010. Le imprese innovative sono più presenti nel manifatturiero,  in particolare nell’agroalimentare e nel chimico-farmaceutico. La distribuzione per province rispecchia le specializzazioni dei territori. Al primo posto c’è  Catania con una prevalenza  di imprese appartenenti ai settori dei metalli, macchine ed apparecchi meccanici ed elettrici, mezzi di trasporto, costruzioni e servizi privati”.

Conclude Giacomo Rota: “L’ Industria 4.0 può essere una grande opportunità così come può divenire un problema. Sarà un opportunità qualora i governi consentano ai territori di prepararsi alla competizione che ci aspetta. Se ciò non accadrà, faremo i conti con un problema complesso. Guardando alla situazione catanese, si ha la sensazione di operare in un territorio difficile, fatta eccezione di alcune realtà che brillano in un contesto inadeguato. Occorre che i governi nazionale e regionale aiutino partecipare a questo nuovo percorso nelle condizioni migliori possibili,  in modo da consentire alla provincia catanese, la più industrializzata in Sicilia, di attrezzarsi adeguatamente anche a livello strutturale, per potere stare al passo con i tempi”.