Scoppia la protesta tra i trentacinque lavoratori catanesi della Olimpia srl società che gestisce, nell’ambito del consorzio stabile Olimpo / TNT postel, il recapito delle notifiche per conto della partecipata regionale “Riscossione Sicilia”.
Da oltre sei mesi, infatti, gli addetti non ricevono lo stipendio, nonostante un primo accordo nello scorso mese di Luglio avvenuto negli uffici della Direzione territoriale del lavoro di Catania ed una seconda intesa stipulata nella sede della Ugl di Catania. Una situazione che ha condotto allo stremo totale i dipendenti della società, che non hanno più le risorse economiche per sopravvivere e poter continuare ad espletare con serenità il lavoro dove, tra l’altro, per effettuare le notifiche gli stessi utilizzano mezzi propri anticipando il costo del carburante.
Per questo motivo, di concerto con la segreteria provinciale della Ugl terziario che ha chiesto con una nota l’intervento del Prefetto, i lavoratori iscritti al sindacato hanno indetto uno sciopero con relativo sit-in di protesta all’ingresso della sede aziendale di via Canfora per il prossimo 6 ottobre.
“Siamo molto allarmati e preoccupati per la sorte di questi lavoratori che non hanno più da raschiare neanche il fondo del barile, mentre sono costretti a loro malgrado a dover continuare l’attività lavorativa – afferma il segretario provinciale della Ugl terziario Carmelo Catalano. Siamo venuti di recente a conoscenza che la causa, a quanto pare, è dovuta al mancato pagamento delle fatture emesse dal consorzio a “Riscossione Sicilia”, ma ciò non può di certo considerarsi un alibi tale da poter giustificare il blocco dell’erogazione degli stipendi che sta provocando pesanti disagi al personale aziendale”.
“In più temiamo che una simile situazione possa degenerare presto in una seria minaccia per il livello occupazionale – continua il sindacalista – e, per questo, abbiamo chiesto l’intervento del Prefetto di Catania per trovare una soluzione al dramma che in queste ore stanno vivendo queste famiglie, che vivono comunque con stipendi “da fame”. Basti pensare che gli stessi lavoratori sono inquadrati come “fattorini” e non come da qualifica espletata, mantenendo contratti anche a 10 ore settimanali. Confidiamo in una tempestiva risoluzione della questione, ma allo stesso tempo non possiamo che permanere in uno stato di agitazione necessario per mantenere alta l’attenzione sul diritto di questi operatori alla dignità lavorativa, non escludendo l’attuazione di altre iniziative sindacali a tutela degli stessi.”
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