Operazione antimafia della polizia di Catania, coordinata dalla Dda, disarticola il clan di Lineri dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano. Centinaia di agenti, coadiuvati da reparti speciali, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di decine di esponenti di un gruppo di Cosa nostra specializzato nelle richieste di pizzo a imprenditori e commercianti. Sono circa venti le imprese liberate dal ‘pizzo’ dopo anni di ‘taglieggiamento’. L’operazione è scattata questa mattina su delega della procura etnea da parte della Polizia di Stato di Catania. In carcere 21 indagati di far parte di cosa nostra del clan Santapaola – Ercolano. Tra le accuse, estorsione, tentata rapina, ricettazione, intestazione fittizia di beni.
I nomi degli arrestati:
- Currao Alfio ( classe 1967)
- Currao Fabrizio (classe 1992)
- Di Stefano Alessandro (classe 2000)
- Di Stefano Antonio (classe 1978)
- Donato Giuseppe (classe 1974)
- Donato Natale Alessandro (classe 2002)
- Geraci Domenico (classe 1965)
- Geraci Salvatore Gianluca (classe 1989)
- Guglielmino Salvatore (classe 1965)
- Guidotto Vincenzo (classe 1980)
- Litrico Carmelo (classe 1973)
- Mammino Nunzio (classe 1977)
- Pinnavaria Lorenzo (classe 1991)
- Pinnavaria Salvatore (classe 1965)
- Rannesi Alfio (classe 1995)
- Rannesi Carmelo (classe 1964)
- Rannesi Girolamo (classe 1962)
- Rannesi Giuseppe (classe 1969)
- Rannesi Salvatore (classe 1967)
- Toscano Francesco (classe 1965)
- Vittorio Pietro (classe 1978)
L’indagine partita da una estorsione
Le indagini, coordinate dalla DDA, sono iniziate dopo una estorsione ai danni di un ristoratore catanese al quale erano stati prospettati, nel mese di agosto 2019, attentati incendiari se non si fosse sottomesso al pagamento del pizzo. All’imprenditore erano state anche recapitate due cartucce da parte di due affiliati, identificati nel corso delle indagini, con l’avvertimento che se non avesse accettato le loro richieste sarebbe stato oggetto di attentato.
I capi della squadra Lineri
L’operazione ha disarticolato la squadra di Lineri, radicata nell’area nord del capoluogo etneo, i cui capi storici si individuavano in Giuseppe Pulvirenti detto “u Malpassotu”, uomo d’onore di Cosa nostra catanese, e il genero di lui Giuseppe Grazioso detto “Pippo”. Le indagini hanno poi consentito di ricostruire l’organigramma del clan che sarebbe stato retto da Girolamo Rannesi, coadiuvato dai fratelli Salvatore e Giuseppe, e dal fedele affiliato Alfio Currao.
Il pizzo il core business
Le estorsioni erano il principale business del gruppo. Imprenditori e commercianti che, ben conoscendo la storia criminale di alcuni degli appartenenti al sodalizio indagato e scoperto, si sono sottomessi al pagamento dell’estorsione in favore della Squadra di Lineri. Sono stati identificati alcuni affiliati chiamati a riscuotere mensilmente le rate estorsive; in occasione di uno di questi arresti, è stata ancge sequestrata una carta delle estorsioni, contenente l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, mascherate attraverso l’indicazione che si trattava di numeri da giocare all’enalotto con l’evidente fine di depistare eventuali investigazioni in caso di rinvenimento.
Introiti fino a 70mila euro all’anno
Sono state individuate numerose attività imprenditoriali che da anni hanno versato all’organizzazione mafiosa ingenti somme di denaro con cadenza mensile o semestrale. Si è stimato, approssimativamente, che l’organizzazione incassasse da ogni singolo imprenditore, mediamente, la somma di 250 euro mensili con un profitto illecito annuale di circa 70.000 euro. Alcuni imprenditori hanno denunciato tutto e hanno consentito di eseguire gli arresti. In altri casi, nonostante l’evidenza della prova, subendo il timore di possibili ritorsioni, i commercianti hanno preferito tacere o dire il falso e sono in atto indagati per il delitto di false informazioni al Pubblico Ministero.
Sequestrati un’attività commerciale e veicoli
Nel corso dell’operazione è stata anche sequestrata un’attività commerciale, fittiziamente intestata a soggetti di comodo, ma che di fatto sarebbe riconducibile alla famiglia Rannesi. Sotto sequestro anche autoveicoli.
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