Sono 52 le Guardie mediche attive sul territorio provinciale, con circa 300 medici che svolgono un delicato ed importante servizio notturno e dopo la terribile notte trascorsa a Nicolosi da una dottoressa e una sua amica sale l’allerta.

Oggi si è tenuta una riunione operativa presso l’UO Assistenza sanitaria di base, nel corso della quale sono state valutate ulteriori misure di deterrenza (sistema di videosorveglianza in remoto, registrazione delle chiamate telefoniche, riordino delle Guardie mediche), che integrano i dispositivi adottati nel corso del tempo.

Sono misure finalizzate alla maggiore sicurezza degli operatori e dei cittadini, che se da un lato scoraggiano malintenzionati, dall’altro non devono comunque creare difficoltà d’accesso al servizio e pregiudicare la privacy degli utenti.

Giuseppe Giammanco, direttore generale dell’Asp di Catania, ritorna sul caso di Nicolosi con parole ancora più decise.

«L’incresciosa aggressione alla Guardia medica di Nicolosi ha oltraggiato la collega ed ha offeso tutti noi che ogni giorno, quotidianamente, lavoriamo per la salute dei cittadini. L’episodio oltre a qualificarsi come atto di delinquenza, è un vero ed intollerabile atto di violenza al quale, come Istituzione, intendiamo rispondere in maniera molto forte».

Giammanco ha anche annunciato che in questa deplorevole vicenda l’Asp di Catania si costituirà parte civile, “testimoniando il nostro impegno in una battaglia di legalità e di civiltà, di tutela professionale e di sicurezza sociale che non riguarda solo i medici, le guardie mediche o l’Asp, ma la società nella sua generalità. Per questa ragione rinnovo il mio ringraziamento alle forze dell’ordine per le modalità, la rapidità e l’efficacia con le quali hanno condotto l’intervento”

Sul caso di ieri, il manager dell’Azienda catanese oggi ha anche incontrato Domenico Grimaldi, segretario provinciale della Fimmg etnea, con il quale ha esaminato la vicenda e discusso sugli atti da intraprendere.

«Vogliamo, in questa vicenda, così come in altre simili – hanno detto -, testimoniare la nostra unità e l’impegno condiviso e convinto a tutela degli operatori e dei cittadini. Simili atti di violenza oltre che a ledere personalmente e moralmente il professionista aggredito, penalizzano i cittadini e creano una diffusa percezione di insicurezza sociale».

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