Un sistema articolato e studiato nei minimi dettagli. Un ufficio di infortunistica stradale posto, strategicamente, dinanzi al pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania e una fitta rete di ‘collaboratori’ pronti a selezionare casi e persone da utilizzare nella truffe alle assicurazioni.

L’operazione ‘Road Accident’ ha portato all’arresto di 4 persone accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno di compagnie assicurative e corruzione in atti giudiziari. Si tratta del pregiudicato Giovanni Pantellaro di 53 anni;Gaetano Pantellaro di 28 anni, Angelo Ragusa 35enne con precedenti di Polizia; Giuseppe Alì, 62enne detto anche Zio Pippo posto agli arresti domiciliari. Tra gli indagati anche Alessandro Fichera di 43 anni per il quale è stato disposto il divieto di dimora nel comune di Catania; stesso provvedimento anche per il 61enne Carmelo Moncada, detto Melo, e per 43enne Orazio Sapuppo soprannominato squalo.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania hanno preso le mosse da alcune aggressioni ai sanitari in servizio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Vittorio Emanuele, ed in particolare dal caso di un medico picchiato perchè si rifiuta di fornire generalità di un paziente nello scorso mese di gennaio. Per qualla aggressione erano già stati arrestati in sette mentre un operatore del 18 che li aveva fatti entrare era stato sospeso

Ma la vicenda è decisamente più complessa: a capo dell’organizzazione ci sarebbe Giovanni Pantellaro che avrebbe coordinato un gruppo di persone per ‘creare’ falsi incidenti stradali, utilizzando persone che si erano rivolte al pronto soccorso del Vittorio Emanuele per infortuni di vario genere. Insieme a Pantellaro anche Angelo Ragusa, Gaetano Pantellaro e Giuseppe Alì che quali coordinavano l’attività degli altri associati, impartendo le necessarie indicazioni operative.

Il modus operanti era quasi sempre lo stesso: gli uomini e le donne dell’organizzazione, anche per la vicinanza dello studio di infortunistica sito in via Plebiscito, stazionavano ore ed ore al pronto soccorso, in attesa di scovare la persona o le persone giuste con traumi o ferite tali da poter essere ricondotte a incidenti stradali.

Le persone selezionate venivano accompagnate nella loro permanenza al pronto soccorso ed invitate a sostenere di essersi fatti male a causa di un incidente stradale. Dalle indagini, peraltro, è emerso come in diversi casi al triage ( la prima accettazione del pronto soccorso ) i pazienti parlavano di ferite causate nei modi più svariati, salvo poi, dopo la visita del medico, richiedere di apporre nel referto di aver avuto un incidente stradale.

La vicinanza all’ospedale evitava ai membri dell’organizzazione di evitare l’utilizzo del telefono per qualsiasi contatto. Angelo Ragusa, formale titolare della predetta agenzia, si occupava quindi di istruire le pratiche relative ai finti incidenti, creando l’apparenza delle conseguenze materiali dei sinistri e curando i rapporti con gli altri associati e con i clienti coinvolti nei falsi sinistri. Attività svolta insieme a Gaetano Pantellaro, figlio di Giovanni, e Giuseppe Alì, titolari di fatto del medesimo studio.

Alì, meglio conosciuto come lo “zio Pippo”, si sarebbe adoperato nel rintracciare la clientela ed istruirla sia sui comportamenti da tenere in merito alle vicende inerenti il sinistro; era attivo nel reperire soggetti disposti a testimoniare falsamente in sede stragiudiziale e giudiziale, e curava, infine, la delicata fase della liquidazione e suddivisione dei profitti.

I servizi di intercettazione, inoltre, hanno fatto emergere le figure di Fichera, Moncada e Sapuppo i quali avrebbero svolto l’attività di procacciatori, in quanto si sarebbero recati costantemente nei Pronto Soccorso degli Ospedali Vittorio Emanuele e Garibaldi, allo scopo di contattare pazienti che riportavano traumi compatibili con incidenti stradali ai quali proponevano di far dichiarare falsamente di essere stati coinvolti in sinistri collegati alla circolazione di vetture su strada.

La maggior parte delle pratiche di sinistro risultavano avviate a seguito della compilazione del  modello “C.A.I.” – costituzione amichevole d’incidente – spesso compilata dagli stessi organizzatori. In detti modulari le responsabilità del sinistro erano sempre poste a carico di una sola parte con l’esclusione di ipotesi di responsabilità concorsuale.

Tutti i sinistri si caratterizzavano per l’assenza di qualsiasi intervento o coinvolgimento delle Forze dell’Ordine, nonostante la presenza di lesioni traumatiche riportate spesso significative, mancando in conseguenza rilievi descrittivi, fotografici o planimetrici.

In nessuno dei sinistri, si indicava, all’atto della compilazione del citato modello “C.A.I.”, la  presenza di testimoni, i quali emergevano molto tempo  dopo e solo se la compagnia assicurativa avanzava rilievi, fornendo dichiarazioni particolarmente dettagliate.

Le persone indicate quali vittime dell’incidente riportavano effettivamente delle lesioni, ma determinate da eventi che nulla avevano a che fare con l’incidente simulato. Due delle aggressioni ai danni di medici dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania sarebbero state opera dei componenti di una organizzazione specializzata in truffe alle compagnia di assicurazione attuate sotto forma di denunce di falsi incidenti stradali il cui giro d’affari sarebbe stato di circa un milione di euro.

I medici sarebbero stati aggrediti perché si sarebbero rifiutati di scrivere ‘incidente stradale’ nel referto di persone che avevano subito un trauma – ritenuto dai sanitari incompatibile con gli esiti di un sinistro stradale – che erano state contattate dalla banda, così da conseguire un profitto dalle denunce simulate, accompagnate da falsi elementi di prova.

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