La ribollita è un classico piatto comfort food, quelle pietanze che sono una coccola per il cuore e per il pancino. Quando fa freddo si cerca di correre ai ripari con zuppe e minestre che sappiano di buono, di semplice, di caldo. La ribollita è anche un piatto di recupero per eccellenza della tradizione culinaria toscana. Ha una storia antichissima, poichè la sua apparizione sulla tavola degli italiani risale al medioevo. Ecco come è nata la ribollita. I nobili erano soliti consumare le loro pietanze dentro a dei pani chiamati “mense”. Terminato il pranzo, i nobili cedevano ai servi il pane che era avanzato. Per sfamarsi, univano il pane alle loro verdure e lo facevano bollire, ottenendo così una zuppa sostanziosa e saporita.
Il protagonista assoluto della ribollita è il cavolo nero. Ortaggio dalle mille virtù, conosciute e contemplate fin dall’antichità, il cavolo nero è anche un prezioso alleato della nostra salute e può essere preparato in tante sfiziose ricette. Il cavolo nero appartiene alla famiglia delle Crucifere (o Cruciferae) del genere Brassicacee (o Brassicaceae), varietà dei cavoli a foglia. A differenza di cavolfiore e broccolo, non sviluppa una testa centrale, ma cresce con foglie lunghe, croccanti, arricciate verde scuro con sfumature bluastre. Il nome deriva dal greco kaulós, che significa infatti gambo, fusto, viene chiamato inoltre cavolo a penna, cavolo palmizio o cavolo toscano. Questo ortaggio si chiama anche così, perché alla Toscana spetta il merito di averlo saputo valorizzare al meglio con ricette salutari proprio come la famosa ribollita.
La ribollita toscana appartiene alla famiglia dei piatti di origine contadina, come le fave e patate e il canazzu. La ribollita si chiama così perchè va bollita più volte. Oltre al cavolo nero, nella ricetta sono previsti i fagioli e il pane raffermo. La zuppa può essere “ribollita” nel forno a legna in un tegame con un buon fondo spesso per evitare che si attacchi e si bruci al fondo. Si serve condita con un filo d’olio extravergine d’oliva.