Sono 12 gli indagati della finanza nel Messinese

Furti ed estorsioni, sgominata la banda di ladri che parlava in “codice”

 La finanza ha smantellato a Messina un’associazione criminale dedita a furti ed estorsioni. Ad essersi formato un sodalizio che era anche riconosciuto dalla popolazione che sapeva che a loro doveva rivolgersi se fossero stati vittima di qualche furto per tentare di recuperare quel che gli era stato rubato. In 12 sono stati arrestati.

L’operazione

I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 12 persone, per associazione a delinquere finalizzata al furto, alla ricettazione, al riciclaggio ed all’estorsione. La complessa attività investigativa svolta, iniziata ad agosto del 2021 e condotta dagli specialisti del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina, ha consentito di individuare un agguerrito gruppo criminale, che operava nel noto rione “Giostra” del capoluogo peloritano, dedito alla commissione, strutturata, di furti, estorsioni, riciclaggio e ricettazione.

Il linguaggio criptico

L’analisi delle risultanze investigative, unita alla minuziosa ricostruzione dei dialoghi tra gli indagati che sono stati oggetto di intercettazioni, ha permesso la completa identificazione di tutti i membri del sodalizio criminale. Non è stato facile per le fiamme gialle perché gli indagati  utilizzavano un linguaggio cripitico convenzionale, di difficile comprensione facendo ricorso a sms, chat, comunicazioni triangolari e spesso mediate.

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I reati

Secondo i finanzieri il sodalizio avrebbe commesso svariati reati. Furti e connessi episodi di riciclaggio e ricettazione di autovetture e ciclomotori, ovvero di pezzi meccanici e di carrozzeria riferibili a mezzi rubati; estorsioni nei confronti delle numerose vittime, proponendo loro di pagare somme di denaro con l’implicita minaccia di perdere definitivamente il mezzo rubato, il classico “riscatto”, più noto come “cavallo di ritorno”.

Il consolidato modus operandi

L’investigazione ha documentato un consolidato modus operandi. I furti venivano commessi di notte, le parti meccaniche e di carrozzeria, di provenienza illecita, venivano rivendute sul web su richiesta a titolari di officine compiacenti. La proposta di riscatto al proprietario del mezzo rubato avveniva attraverso il meccanismo del nominato “cavallo di ritorno”. Infine avveniva una “equa” divisione dei profitti dell’attività illecita. Singolare, poi, è risultata la circostanza come il gruppo godesse di un “consolidato riconoscimento” nel contesto territoriale messinese: allorquando un mezzo veniva rubato in una determinata zona, le vittime o gli eventuali intermediari risultavano consapevoli di doversi rivolgere a loro per il tentativo di recupero.

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I furti anche in “trasferta”

Le indagini hanno anche documentato consolidati rapporti con ambienti criminali catanesi, tanto che eventuali furti compiuti “in trasferta” potevano essere recuperati anche nella provincia etnea. La spregiudicatezza e la pericolosità dei componenti dell’organizzazione si è poi manifestata, nel corso delle indagini quando, a fronte di un inseguimento da parte delle forze di polizia, un indagato si è dato ad una precipitosa fuga nel centro cittadino, che ha anche provocato un incidente che ha coinvolto un mezzo delle forze dell’ordine per poi fuggire e lanciarsi nel vuoto di una scarpata stradale della periferia.

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