È in uscita per Bonfirraro editore “I bambini non hanno mai colpe” il nuovo romanzo dalle tinte fosche della scrittrice di origini albanesi Ismete Selmanaj, in Sicilia da più di venti anni.
Al centro del thriller, la pedofilia, una delle piaghe più grette dell’umanità, attorno alla quale ruotano le esistenze di quattro uomini, legati da un inesorabile e, forse, indissolubile destino.
Un’opera letteraria che trova le sue radici sociologiche nell’Albania post comunista, dove si assiste a un rigurgito di un antico codice comportamentale, il Kanun, ma il testo si erge a messaggio universale, perlustrando l’animo umano nei suoi recessi più oscuri, scoprendo risvolti inconfessabili, costringendo l’emersione di fatti delittuosi gravi e intollerabili.

Ma cosa ha scatenato la fantasia della scrittrice che alza con forza la sua voce da Rocca di Caprileone, un piccolo paesino del messinese?
Ismete Selmanaj è nata a Durazzo ed è lì che sin da bambina coltiva la passione per la letteratura, che le ha fatto vincere medaglie e numerosi premi. Nel 1991 si laurea, però, in Ingegneria Edile all’Università di Tirana. Una scelta che non fu la sua, così come racconta spesso ai ragazzi che non si stanca di incontrare, perché: «la mancanza di libertà insita in una dittatura è solamente questo: ti si impone dall’alto una piccola costrizione e non si ha la possibilità di accorgersene. Da quel momento non sei più padrona della tua vita». Poco dopo, vivrà sulla sua pelle la crisi politica albanese: nel 1992, infatti, decide come tanti suoi connazionali di trasferirsi in Italia. In Sicilia, vissuta come una terra promessa, rinascerà quell’amore per la scrittura che non l’ha mai abbandonata.

È fatto di questo, dunque, il suo immaginario letterario popolato di personaggi e situazioni molto diversi culturalmente da quelli che un normale lettore è abituato a conoscere: se Verginità rapite, il suo libro d’esordio in lingua italiana è incentrato sulle violenze subite dalle donne albanesi durante il periodo del totalitarismo, questa volta la Semanaj ci regala uno scorcio di paese ancora più crudo, attraverso un racconto asciutto, dove però non manca il pathos. Nonostante non si soffermi molto sugli aspetti più atroci e pruriginosi della maggiore aberrazione umana, mette comunque in risalto la peggiore delle trappole, il teatro triste di un rituale imposto da una rete, che ormai scorrazza libera sul web, protetta da nickname e dal segreto del travestimento; l’altra faccia della pedofilia, subdola e silenziosa… L’inchiesta del commissario di polizia Andi riuscirà mai a far saltare gli equilibri?

La prefazione al volume è curata da Matteo Mandalà, professore e studioso di “Lingua e Cultura Albanese” titolare della cattedra all’Università degli Studi di Palermo che ha adottato il primo testo della Selmanaj per il corso.
La pubblicazione si inserisce nel solco della linea editoriale di Bonfirraro, volta a sollevare il velo dell’omertà, scegliendo sempre di stare dalla parte delle vittime di abusi che invocano giustizia. Di questo argomento anche Mio figlio e il parroco di Chiara, edito nel 2012.

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