Sandro, Marco, Palmina ed Elena Biviano sono quattro fratelli di Lipari, tutti affetti da una terribile malattia. Sandro e Marco, a partire dal 2013, per oltre due anni, hanno vissuto in tenda a Roma, davanti a Montecitorio, per chiedere maggiori cure ed assistenza, ciò che manca nell’isola nella quale vivono.
Dopo la morte di Lorenza Famularo, la 22enne deceduta al pronto soccorso dell’ospedale di Lipari nel mese di agosto, cugina dei fratelli Biviano, Sandro ha deciso di tornare a protestare, insieme a tutti i cittadini eoliani, affinché, all’ospedale di Lipari, siano garantiti i servizi minimi in caso di emergenze.
Gli abitanti di Lipari si sentono abbandonati dalle istituzioni, e nel caso in cui questo silenzio dovesse continuare, Sandro ha deciso di portare in segno di protesta i macchinari che lo tengono in vita a Palermo “perché – dice – una sanità così ci sta uccidendo”.
Intanto ha scritto una lettera aperta nella quale sintetizza il senso delle su proteste passate e gli obiettivi futuri per migliorare la sanità nelle isole minori della Sicilia. Ecco il testo della lettera:
“Io e mio fratello Marco, siamo partiti nel 2013 da Lipari, Isole Eolie, dopo essere giunti a una soglia di disperazione talmente grande che nessuna persona sulla faccia della terra dovrebbe mai provare.
Eravamo distrutti, le condizioni di tutti noi fratelli, tutti affetti da distrofia muscolare tipo facio scapolo-omerale- sono precipitate in tempi e modi drastici; la malattia non si è limitata solo ad attaccare la deambulazione, ci siamo resi conto col passare del tempo che le nostre condizioni di salute peggioravano sempre di più, arrivando a colpire anche la respirazione, la deglutizione, l’udito e il cuore.
Le notti erano diventate un vero e proprio incubo, ci sentivamo affogare nel sonno; la mattina al risveglio era anche peggio, forti mal di testa, dolori atroci, tanta stanchezza e secrezioni di muco.
I muchi si accumulavano a causa della debolezza dei muscoli del diaframma creando serie infezioni polmonari.
Siamo diventati medici di noi stessi, pagando questo a un caro prezzo, sulla nostra pelle, con la perdita di nostro padre.
Il dolore di vederci peggiorare reciprocamente ogni giorno sempre di più è una coltellata in pieno petto, uno squarcio al cuore. Ti senti impotente, un bambino di fronte ad un leone.
Tuttavia non è solo la malattia che ci sta uccidendo, ma l’assenza delle istituzioni, che crea attorno a noi un muro fatto di silenzi. Un silenzio assordante che ci da, come unica certezza, solo quella di avere un letto dove fare le piaghe e morire in silenzio e nei dolori più atroci, perché andare in un ospedale non attrezzato per l’emergenza – per noi – significa morire visto che – purtroppo- non possiamo essere trasportati.
Noi non ci siamo mai arresi; la disperazione è diventata il nostro punto di forza, trasformandola in determinazione.
Siamo partiti da Lipari con 5 kg di catena sotto al sedere, spaesati ma determinati, abbiamo lottato come se ogni giorno fosse l’ultimo, ci siamo incatenati davanti alle porte del potere, in piazza Montecitorio, per far sentire il nostro grido di dolore e far comprendere alle istituzioni l’importanza della vita e quanto sia preziosa.
Abbiamo lottato contro una delle malattie più devastanti della terra, l’indifferenza.
Indifferenza, una serpe silenziosa che ti ignora, non ti guarda mai in faccia, ti critica, ti umilia dentro e lentamente ti uccide, ti toglie la salute, ti demoralizza, ti fa vedere tutto buio come se fossi dentro un tunnel senza uscita, ma noi non ci siamo mai arresi. Abbiamo combattuto l’indifferenza con il sorriso sulle labbra e il cuore in mille pezzi.
Siamo rimasti in piazza Montecitorio per due lunghi anni, soffrendo ogni sorta di umiliazione: la fame e il freddo che hanno lasciato cicatrici che mai più andranno via.
Abbiamo lasciato a piazza Montecitorio anche quel po’ di salute che c’era rimasta per il bene comune, mentre centinaia di politici- in giacca e cravatta – ci passavano davanti, come se fossimo invisibili.
Si proprio così, una tenda montata in una delle piazze più importanti d’Italia completamente invisibile.
Due corpi malati ma sempre a testa alta, col sorriso sulle labbra e un dolore lancinante al cuore, passavano tutti con la testa bassa eppure non chiedevamo né soldi né una casa, ma solamente i nostri diritti, quello alla salute, alla vita e alla dignità.
Oggi come allora ci sentiamo abbandonati, le nostre condizioni di salute si sono aggravate e in caso di crisi respiratorie non possiamo essere intubati per essere trasportati in elicottero o nella prima sala di rianimazione perché rischiamo di morire prima di partire. Noi siamo “vite a tempo” e in questi casi il tempo – per noi e per tante persone come noi – si può rivelare fatale.
Noi abitanti delle isole minori viviamo una situazione assistenziale di marginalità e di isolamento, come se fossimo figli di un Dio minore.
La nostra vita è sempre appesa a un filo e non solo la mia e quella dei mie fratelli che viviamo questa grave forma di disabilità, ma anche quella di tutti i cittadini isolani.
Molti sono i malati nel totale abbandono, tra questi: i malati oncologici, costretti a lasciare l’isola per fare le chemioterapie a spese loro, affrontando viaggi della speranza nel dolore e nella debolezza dei loro corpi stremati, nel più totale abbandono, economico e assistenziale, mettendo a serio pericolo la propria nei vita nei viaggi a causa di un sistema immunitario compromesso. Non comprendo come sia possibile che oggi si possano trasportare organi umani in tutto il mondo e non sia possibile per tutte queste persone poter fare la chemioterapia sul posto, senza recare danni e umiliazioni alla persona.
Qualora questo fosse impossibile è vostro dovere garantire a queste persone una vita dignitosa e offrirgli quanto meno un trasporto sicuro che li accompagni e riporti a casa nei loro viaggi per potersi curare.
Giovani coppie privati dal diritto di crearsi una famiglia perché non tutti hanno la possibilità economica di portare avanti una gravidanza, dovendo fare avanti e indietro dall’isola, pagarsi un affitto e le tante visite lontano dalla loro casa; famiglie che vivono con 50 euro al giorno non possono affrontare le spese dei viaggi né possono permettersi di lasciare la propria isola perché non tutti hanno la fortuna di avere i propri familiari accanto.
I diabetici sono stati lasciati per 9 mesi senza un diabetologo, costretti a fare da autodidatti per sopravvivere elemosinando anche i farmaci.
Madri che andavano alla farmacia dell’ospedale sfornita, da mesi, di farmaci vitali per i propri figli.
Noi isolani avevamo un ospedale dove potevamo nascere, vivere e morire con dignità, oggi invece possiamo solo morire.
Voi rappresentanti istituzionali, avete il dovere di sostenere la salute globale, nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dovete contrastare le diseguaglianze nell’accesso alle cure, come quelle che abbiamo noi che abbiamo avuto solo la disgrazia di nascere sulla nostra amata isola piuttosto che sulla terra ferma.
Io e i miei fratelli rappresentiamo il problema dell’assistenza sanitaria a 360 gradi.
Noi, come tutti gli abitanti delle isole, abbiamo la necessità di avere un ospedale funzionante ed efficiente, che dia risposte concrete alla domanda di salute e che ci eviti lunghi e costosi viaggi della speranza, con gravi disagi socio familiari, anche per piccole banalità, ma soprattutto vogliamo qui e oggi che venga risolto il problema assistenziale nelle piccole isole, soprattutto per garantire le cure in caso di emergenza.
Abbiamo la necessità assoluta di un ospedale dove si possa NASCERE, ESSERE CURATI E MORIRE CON DIGNITÀ’.
Un Ospedale dove siano presenti e funzionanti i reparti di prima necessità: La Terapia Intensiva, La Chirurgia con l’Ortopedia, La Medicina con la Cardiologia, La Lungodegenza, L’Ostetricia, La Pediatria, L’oncologia.
Un ospedale dove ci siano tutte le figure professionali necessarie a garantire il diritto fondamentale alle cure.
Sono qui come rappresentante di tutti i comitati per la salute uniti delle isole eolie a gridarvi che vogliamo risposte e tempi certi, oggi stesso. Abbiamo atteso i tempi promessi dall’Assessore Razza in silenzio e fiduciosi ma ad oggi ancora molte cose vitali per noi mancano e non possiamo permetterci più di aspettare.
Soprattutto per quanto riguarda i malati oncologici che non hanno nessun medico di riferimento sull’isola e sono tantissimi; lo chiediamo a gran voce come la possibilità di effettuare chemio nel nostro ospedale o di essere trasportati e riportati a casa con assistenza e con dignità in questi viaggi della speranza per fare le chemio.
Chiediamo oggi risposte certe perché in caso di emergenza vogliamo disponibili h 24 tutti i medici necessari per salvare una vita sopratutto CARDIOLOGI e rianimatori con almeno due posti di terapia intensiva.
Stiamo parlando di un ospedale punto di riferimento di 6 isole e di migliaia di turisti che ogni anno vengono a vedere la nostra amata terra, credo sia il minimo per l’arcipelago eoliano.
Se tutto questo non avverrà, sono pronto a staccare la spina di tutti i macchinari vitali che mi servono per vivere e venirveli a consegnare a Palermo dove resterò, con accanto tutti i cittadini stanchi di morire come è morta la nostra povera Lorenza, che forse, con le giuste misure di cura, alla tenera età di 22 anni oggi poteva non essere in cielo ma qui tra noi.
Se devo morire e veder morire tutti gli isolani nel totale abbandono istituzionale, preferisco morire lottando e lo farò con tutte le mie forze come ho fatto a Montecitorio per lasciare una speranza a chi rimarrà.
So che questa malattia mi sta uccidendo però voglio morire da UOMO LIBERO.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati criticati, inascoltati e derisi dai loro stessi colleghi ma non si sono mai fermati, hanno lottato fino all’ultimo giorno della loro vita da grandi eroi lasciando una speranza a tutti noi. Ed è quello che faremo noi, io personalmente se non verrò ascoltato.
Lotterò fino all’ultimo giorno della mia vita, con la speranza nel cuore di dare al nostro volto solcato da lacrime di abbandono una speranza.
Perché nessuno merita di morire nell’indifferenza e nell’abbandono come stiamo morendo noi cittadini isolani colpevoli solo di non essere nati sulla terra ferma.
Propongo infine di costituire un ASP per le piccole isole perché credo che, una realtà molto complessa come quella delle isole minori meriti un sistema totalmente a sé”.
(foto di repertorio)
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