Il Ministero rigetta le istanze di convalida delle abilitazioni all’insegnamento in Romania, ma la Commissione europea precisa che in caso di titoli equivalenti, al più bisogna disporre misure compensative, ma si non può non riconoscere il titolo.
Il Ministero dell’Istruzione ha dunque deciso di rigettare collettivamente tutte le istanze di riconoscimento presentate dai docenti abilitati in Romania, senza procedere ad analisi individuali o valutazioni dell’equivalenza dei percorsi di studio. Secondo il Miur le autorità Rumene riconoscono una differenza tra i certificati recanti la dicitura “Direttiva 2005/36/CE” e quelli privi di tale indicazione. Secondo l’Europa però è un presupposto privo di fondamento e deve essere lo stato ricevente a dover “decidere” non quello in cui l’abilitazione è stata ottenuta.
Lo studio legale Leone-Fell ritiene la nota illegittima poiché viola diverse disposizioni europee e nazionali, causando un pregiudizio per le migliaia di docenti che hanno conseguito l’abilitazione in Romania. L’abilitazione all’estero non è una scorciatoia, bensì l’unica possibilità per i docenti italiani, poiché il Miur da anni non organizza corsi abilitanti, pur essendo obbligato a farli con cadenza biennale. “Per uno strano scherzo del destino, lo stesso giorno in cui il Ministero ha pubblicato la nota – spiegano gli avvocati Francesco Leone e Simona Fell, soci fondatori dello studio legale Leone-Fell, e Tiziana De Pasquale, responsabile del dipartimento Scuola – è arrivata in studio la risposta della Commissione europea in merito a un nostro esposto proprio sulle abilitazioni all’estero. Risposta che contraddice quanto affermato proprio dal Miur”
La Commissione europea precisa che, secondo la giurisprudenza relativa al caso Morgenbesser, “spetta all’autorità competente (in questo caso all’Italia, ndr) verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle citate sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi”.
Non è necessaria, dunque, un’assoluta identità tra i titoli messi a confronto, ma una mera equivalenza per determinare il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’estero, anche predisponendo eventuali misure compensative. “In pratica – spiegano i legali – il Miur avrebbe dovuto valutare i singoli casi e decidere eventuali misure compensative (esami universitari aggiuntivi, ad esempio), ma non può rigettare in maniera arbitraria tutte le istanze di convalida di un titolo ottenuto in uno stato membro”.
Cosa succede adesso? A causa di tale nota, tutti i docenti abilitati in Romania rischiano di perdere le proprie posizioni anche nelle graduatorie di istituto, nelle Gae (Graduatore ad esaurimento) o ancora peggio nelle graduatorie del concorso straordinario, fase agevolata Fit 2018. In poche parole, migliaia di docenti rischiano di perdere la possibilità di ottenere l’assunzione in ruolo, malgrado risultino essere vincitori di concorso.
Quanti hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento in Romania e hanno anche presentato l’istanza di riconoscimento al Miur, senza mai ricevere un provvedimento individuale, adesso si trovano costretti a presentare ricorso, entro e non oltre 60 giorni. In caso di mancata opposizione, gli effetti della nota diventeranno definitivi, e i docenti perderebbero non solo il titolo abilitativo, ma anche gli anni di studio effettuati per conseguirlo. “Oltre il danno, anche la beffa – concludono gli avvocati – in quanto non solo il Ministero risulta inadempiente in quanto non organizza corsi di abilitazioni, ma blocca i docenti che, per potere conseguire un titolo impossibile da ottenere in Italia, sono stati costretti a recarsi all’estero”.
Commenta con Facebook