Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, contattato da Adnkronos Salute, ha affermato: «La terza dose non va proposta come una dose per tutti: sarebbe un errore perché c’è chi non ne ha assolutamente bisogno. Non può essere che a 8 mesi la facciamo a tutti indistintamente. Io sono assolutamente contrario».

«Negli Stati Uniti si parla di una terza dose tra 6 e 12 mesi ma un conto è a 6 mesi e un conto è a 12 – ha aggiunto l’infettivologo – A un anno di distanza siamo tutti d’accordo che probabilmente buona parte di noi dovrà fare la terza dose, che poi è quella di richiamo che si fa una volta all’anno. Discorso diverso invece per quelli in cui, anche prima dei 6 mesi, potrebbe essere necessario fare la terza dose».

Chi sono? «Si potrebbe pensare a tutti quelli che hanno più di 70-75 anni, ma bisognerà valutare sulla base dei dati e faranno una terza quelli che hanno malattie immuno-deprimenti. Però questa, a differenza della prima fase che è stata una campagna di massa, deve essere una campagna individualizzata che guarda all’esigenza del singolo», ha spiegato Bassetti.

L’esperto ha anche detto: «Intanto bisogna dire che non è possibile pensare che nel mondo facciamo la terza dose unicamente con Pfizer, per cui attenzione, perché è chiaro che l’azienda pende dalla sua parte. Poi spetta a noi medici, come scienziati, dire che cosa è giusto fare».

Il riferimento è agli studi che sostengono che con terzo booster di Pfizer si osserverebbero livelli di anticorpi neutralizzanti anche contro le varianti Beta e Delta.

«Questo che vorrebbe dire che dobbiamo fare la terza dose solo con Pfizer? Calma, andiamoci cauti . Valutiamo attentamente la situazione, decidiamo a chi eventualmente deve essere fatta la terza dose e con quale tipo di vaccino. È chiaro che non tutti possono fare Pfizer, qualcuno farà Moderna e qualcuno farà gli altri. Sennò veramentemi sembra la boutade di un’azienda che vuole vendere solo il proprio vaccino. Io sono sempre stato molto dalla parte delle multinazionali, però ci andrei un po’ cauto stavolta».