Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, intervistato da Il Giornale, ha chiarito che “la nostra Europa non può che essere quella del PPE (Partito Popolare Europeo, n.d.r.), non certo quella di Orban che dal PPE è uscito. Del resto, lo stesso Presidente del PPE, Manfred Weber, è venuto a trovarmi e ci ha chiesto, anche pubblicamente, di essere garanti del profilo europeista e atlantista del prossimo governo. Cosa per noi del tutto scontata e naturale. Per questo, un elettore moderato, di centro, europeista, se vuole dare un voto razionale e utile deve darlo a noi. Siamo gli unici in grado di caratterizzare in questa direzione il futuro governo del Paese”.
“Il centrodestra ha tre leader indispensabili”
Berlusconi ha anche detto che “Letta aveva soprattutto il problema di dare un senso a una campagna elettorale che sapeva benissimo di perdere, e alla fine della quale sarà chiamato a rendere conto della sconfitta da un partito diviso e angosciato dall’idea di lasciare il potere. Un potere che ha esercitato per gli ultimi 11 anni quasi ininterrottamente, pur senza mai aver vinto le elezioni. Letta ha provato a risolvere il problema compattando il suo partito e la sinistra contro un nemico da demonizzare, come hanno sempre fatto. Questa volta ci hanno provato con Giorgia Meloni. Ma gli italiani non sono mai caduti in queste trappole, sanno bene che finalmente potranno scegliere da chi essere governati. E sceglieranno il centrodestra che vincerà perché è guidato da tre leader, ognuno dei quali è indispensabile dal punto di vista numerico e politico”.
A proposito, infine, delle difficoltà che dovrà affrontare il centrodestra in caso di vittoria alle elezioni, Berlusconi ha spiegato: “È difficile rispondere, perché molte difficoltà non dipendono da noi, ma da una situazione internazionale che non possiamo determinare. Non voglio vendere illusioni, ci vorrà del tempo. Ma tutti i nostri provvedimenti vanno in una direzione sola, la crescita. E se il Paese ricomincia a crescere, trova poi in sé stesso l’energia per crescere ancora. Un processo virtuoso che significa, con meno tasse, più soldi ai cittadini per i consumi, più soldi alle imprese per gli investimenti, più posti di lavoro, più circolazione della ricchezza, stipendi migliori, più utili per le imprese e così via, con quel circolo virtuoso che abbiamo chiamato l’equazione liberale della crescita. In tanti altri Paesi che hanno adottato le nostre stesse politiche penso all’America di Reagan tutto questo ha funzionato, perché non dovrebbe funzionare da noi?”.
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