La conversione di J-Ax dopo il Covid19, “ero ateo, ora credo in Dio”

Intervista de Il Giornale al popolare rapper milanese

J-Ax, il popolare rapper italiano, è stato intervistato da Paolo Giordano per Il Giornale e ha raccontato: «Prima sui No Vax dicevo: sediamoci e parliamone. Ora questa pazienza non ce l’ho più, dopo aver avuto un Covid pesante ho sviluppato un disprezzo profondo per loro».

J-Ax racconta il nuovo album “Surreale”

L’artista, 49 anni, ha raccontato la nascita di Surreale, il disco che avrebbe dovuto essere una riedizione del precedente ReAle ma poi è diventato altro. «Io sono un cantautore perché canto ciò che scrivo senza filtri», ha detto il rapper milanese.

J-Ax ha poi detto: «Con il Covid in famiglia ho vissuto due o tre settimane paurose che mi hanno fatto scrivere versi come ‘ma tu come rispondi quando poi lui ti guarda con le lacrime agli occhi e dice voglio la mamma’», spiegando l’origine del brano Voglio la mamma.

L’artista milanese ha  presentato il disco ‘ReAle’ in versione ‘repack’ e, dunque, ‘Surreale’: otto nuovi brani, tante collaborazioni e un linguaggio ‘duro’: “Quando rappo torno ventenne testa di ca**o. Fedez? Su Salmo ha ragione”

 

J-Ax la conversione dopo il Covid-19

«Ero ateo ma pregavo che ci Dio ci salvasse e proteggesse nostro figlio. Ora credo in Dio ma non nelle religioni. Ho perso 8 kg, dicevo il Padre Nostro, l’Angelo di Dio, l’Ave Maria come mi hanno insegnato da bambino», ha proseguito. Il suo brano preferito dell’album è I film di Truffaut. «Ad oggi è il preferito della mia carriera», ha sottolineato. E sul poco coraggio di tanti colleghi nell’esperimento le proprie opinioni, J-Ax ha detto: «Hanno tutti paura di perdere consensi. Però bisogna anche pensare che spesso sui social si viene condizionati dalla cosiddetta minoranza rumorosa, come i No Vax. Esiste comunque una maggioranza silenziosa che spesso non si considera». Inoltree, il rapper ha rimarcato: «Non salirò sul palco finché non saremo tutti in sicurezza».

Surreality show: il nuovo-vecchio disco di J-Ax

Surreality show. Ecco cos’è il nuovo-vecchio disco di J-Ax. ReAle doveva uscire in una versione repack, come va di moda adesso: qualche arrangiamento rifatto, un paio di canzoni nuove e via andare. Solo che i pezzi nuovi qui dentro sono addirittura 11, segno di una felicità e continuità di ispirazione che ha anche un aspetto negativo, nel senso che sono questi tempi balordi e surreali a stimolare la creatività del rapper (ma la definizione è riduttiva, visto come gioca con pop, elettronica, reggae, country).

J-Ax: “Dopo il Covid credo in Dio”

Dopo l’esperienza significativa del  Covid in forma pesante J-Ax ha detto: «ho saputo della malattia il giorno stesso dell’annuncio del disco di platino. Un mese tra fortissimi dolori che mi hanno lasciato due cose. Primo, un altrettanto pesante odio verso i no vax con cui al momento non ho voglia di dialogare, ma al massimo di stirarli in auto. Secondo una regressione da ateo a religioso, nel senso che sono tornato a recitare quelle preghierine imparate da bambino, il Padre nostro, l’Ave Maria e l’Angelo custode».

 

J-Ax e le provocazioni attraverso le canzoni

J-Ax  ha trovato il modo di provocare non solo durante le interviste. Ha infatti trovato il modo di fare arrivare il proprio disappunto anche attraverso le sue canzoni.  A cominciare da “Stronzy”  che riassume l’Italia del virus con sconforto: “Ne usciremo più stronzi convinti di essere eroi”.  “I film di Truffaut” è, invecem  dedicata proprio ai suoi colleghi che ostentano citazioni colte e intellettualoidi solo per darsi un tono quando parlano coi giornalisti, poi scrivono canzoni infarcite di banalità d’amore.

 

J-Ax parla della “sua” Milano

Anche su  Milano, città che gli ha dato i natali nel 1972 col nome di Alessandro Aleotti, J- Ax  non le manda a dire «È stata rovinata dalla gente cool, che prende una cosa e la fa diventare mainstream, rovinando il gusto di tutti. I quartieri ora sono tutti uguali, zeppi di hamburgerie che vendono hamburger orrendi, posso dirlo io, avendo una moglie americana, eppure ci sono più hambrugherie che a Boston. Per tacere del poke, ma quanto ne mangiano i milanesi? Voterò Sala, in mancanza di meglio».

 

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