• Scienziati hanno individuato anomalie nei vasi sanguigni del cervello di pazienti morti per il Covid-19.
  • L’osservazione è avvenuta tramite una tecnica di risonanza magnetica all’avanguardia.

Tra marzo e luglio dello scorso anno, negli Stati Uniti d’America, sono morte 19 persone a causa del Covid-19 che, studiate, hanno mostrato i danni causati al cervello dalla malattia.

Infatti, come riportato su Futura-Sciences.com, dopo i decessi, sono stati prelevati campioni di tessuto dal bulbo olfattivo e dal tronco encefalico, inviati agli scienziati del National Institutes of Health (NIH).

Ogni campione è stato osservato per la prima volta utilizzando una tecnica di risonanza magnetica (MRI) all’avanguardia, la risonanza magnetica microscopica, che produce immagini con una risoluzione dell’ordine di un micrometro (25 µm per i tessuti del bulbo olfattivo e 100 µm per le strutture del tronco encefalico).

Le immagini hanno rilevato la presenza di aree anormali e chiare (aree di iperintensità) in 9 pazienti, e aree scure (aree di ipointensità) nel bulbo olfattivo e nel tronco encefalico negli altri 10.

Ulteriori analisi hanno rivelato i responsabili di queste anomalie. Le aree di iperintensità sono caratterizzate da vasi sanguigni particolarmente sottili, oltre che dalla presenza di fuoriuscita di fibrinogeno, una delle proteine ​​del sangue della coagulazione. Nello spazio perivascolare e nel lume dei vasi sanguigni sono presenti anche microglia attive (cellule immunitarie del cervello), macrofagi e linfociti T citotossici. Questo ambiente infiammatorio può avere ‘partecipato’ alla degradazione dei vasi sanguigni.

Le regioni di ipointensità hanno presentato, invece, un profilo diverso. In queste, infatti, i vasi sanguigni erano ancora in buone condizioni ma sono state identificate anche perdite di fibrinogeno e coaguli di sangue che ostruiscono i vasi. Gli scienziati ritengono che queste siano le conseguenze delle microemorragie. A differenza delle aree di iperintensità, qui non sono state osservate le cellule immunitarie.

Gli scienziati del NIH, che hanno reso noto la scoperta sul New England Journal of Medicine, hanno affermato di essere stati sorpresi dalle osservazioni maturate.

«Inizialmente ci aspettavamo di vedere i danni dovuti alla mancanza di ossigeno. Invece, abbiamo osservato aree di danno associate a ictus e malattie neuroinfiammatorie», ha affermato Avindra Nath, medico dell’Istituto nazionale dei disturbi neurologici e ictus di Bethesda, coinvolta nello studio.

Avindra Nath e i suoi colleghi hanno cercato il SARS-CoV-2 nei campioni ma senza successo. E sono possibili diverse spiegazioni: secondo gli scienziati, la scomparsa del virus è avvenuta dopo la morte dei pazienti o la sua presenza era in una quantità troppo piccola per essere rilevabile.

Questo lavoro, quindi, fa luce sui nuovi danni causati dal Covid-19 ma il numero dei campioni testati è troppo piccolo per arrivare a un conclusione generalizzata.

Articoli correlati