Alberto Zangrillo, prorettore dell’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano, intervistato dal Corriere della Sera, ha affermato: «La capacità del virus di produrre malattia è uniformemente scomparsa nel contesto nazionale. È un’evidenza dalle cartelle cliniche».

Zangrillo ha detto che «in questo momento tutti gli indicatori volgono al bello, grazie alle misure adottate come il lockdown, il distanziamento e le mascherine, che hanno sicuramente contribuito ad abbassare la carica virale, ma si è ridotta anche la forza letale del virus, perché la correlazione tra carica virale e capacità di produrre malattia (anche grave) è dimostrata. Qualcosa ha fatto anche il virus, però: l’interazione tra Sars-Cov-2 e l’ospite ha prodotto un cambiamento che ci ha favorito».

E ancora: «Tutti attendono l’arrivo della seconda ondata, io credo invece che il virus si possa fermare qua. Quanto ai due focolai in Veneto, credo che abbia ragione il presidente Zaia a voler esercitare il controllo sui cluster e impedire che chi è oggetto di sorveglianza possa sfuggire: è la base della prevenzione. Oltretutto ho saputo dal governatore che si è trattato di un imprenditore che è andato in giro consapevole di non stare bene. Se si è aggravato, poi, dipende anche dalla carica virale che ha contratto in Serbia e che può essere più elevata di quella che circola in Italia».

Negli Stati Uniti d’America, però, la situazione resta grave. Per Zangrillo: « In questo momento in Italia ha esaurito la sua forza letale, perché sta facendo quello che fanno tutti i virus, cioè adattarsi al suo ospite. Probabilmente nella sua evoluzione adattativa sta anche modificando alcune sue caratteristiche. Questo non vuol dire che sia mutato, ma qualcosa sta accadendo a livello delle proteine di superficie del virus: le stesse modificazioni che lo rendevano molto letale tre mesi fa, adesso lo rendono meno aggressivo».

Negli USA, invece, «il virus circola soprattutto tra i giovani, perché l’età media si è abbassata. Aumentano le ospedalizzazioni perché il fenomeno di elevata contagiosità porta comunque a sviluppo di malattie delle prime vie aeree che devono essere tempestivamente monitorate e curate, ma il fatto che non sia ancora aumentata la letalità è perché probabilmente anche lì il virus, pur dotato di alta contagiosità, non è in grado di produrre quella virulenza che portava sempre a malattia grave. Se per caso la curva dei decessi iniziasse a risalire, bisognerebbe riconsiderare l’ipotesi».

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