Il comitato di presidenza del Csm dispone l’apertura di una pratica presso la Prima Commissione, competente sulle situazioni di incompatibilità, dopo il deposito della sentenza della corte d’Assise di Caltanissetta nel processo Borsellino quater.

La Commissione dovrà svolgere “gli accertamenti necessari”, “valutando le motivazioni della sentenza” di Caltanissetta e “procedendo all’istruttoria”.

L’organismo di vertice del Csm ha inoltre disposto la trasmissione della propria delibera al procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare.

Il Comitato di presidenza precisa però che “l’unico ambito di intervento amministrativo” attribuito al Csm “in ordine alle criticità sollevate in relazione all’operato dei magistrati” è costituito dalla procedura di trasferimento d’ufficio nell’ipotesi in cui il magistrato “non possa svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità”, mentre è sottratta all’ambito dei suoi poteri “l’iniziativa volta all’accertamento e la sanzione dei fatti di rilievo penale”, che è attribuita agli organi giudiziari.

Tra l’altro la sentenza di Caltanissetta invoca espressamente un approfondimento della magistratura. Presso la prima commissione era già stata aperta lo scorso anno un pratica. A settembre Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso dalla mafia, aveva scritto al Csm chiedendo informazioni sulle iniziative intraprese.

Sollecitazione che Fiammetta Borsellino ha rinnovato in via informale dopo il deposito della sentenza ha parlato di un clamoroso “depistaggio” nelle indagini sulla strage di via D’Amelio.

“Non intendiamo alimentare aspettative ma solo fare fino in fondo il nostro dovere, entro i limiti delle competenze del Consiglio, al fine di contribuire all’accertamento della verità”. Lo ha detto il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.

Il Presidente della I Commissione Antonio Leone ha espresso apprezzamento per la richiesta di apertura della pratica, a integrazione di quella già aperta lo scorso 19 luglio, sottolineando però che “non bisogna creare eccessive aspettative in merito all’operato della I Commissione e del Consiglio stesso, anche al fine di evitare strumentalizzazioni esterne. Il Csm, non può entrare nel merito delle valutazioni e delle motivazioni della sentenza. Se ci sono state eventuali violazioni da parte di magistrati – ha detto Leone – sarà l’autorità giudiziaria penale ad accertarle e perseguirle. Bisogna sempre ricordare che la I commissione nell’accertare le eventuali incompatibilità ambientali e/o funzionali, si occupa solo di condotte incolpevoli; il resto compete alla Procura generale della Cassazione, qualora ci siano i presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare”. Per il togato Piergiorgio Morosini, che è stato gip nel processo ‘trattativa’, “cercare di comprendere su diversi fronti istituzionali cosa sia accaduto è un dovere, se pensiamo cosa ha significato il 19 luglio per il nostro Paese. Il Csm non può ignorare la richiesta dei familiari quando chiedono di approfondire eventuali anomalie. Condivido che non possiamo fare un processo parallelo a quello di Caltanissetta, ma questo non ci impedisce di fare la nostra parte”.