È stato pubblicato nei giorni scorsi il Decreto della Penitenzieria Apostolica del Vaticano, a firma del Penitenziere Maggiore, card. Mauro Piacenza (Reggente Krzysztof Nykiel), con cui si concede il dono di speciali indulgenze ai fedeli affetti dal virus Covid-19, comunemente detto coronavirus, nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che, a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendano cura di essi.

La Chiesa cattolica, consapevole del tempo presente che ha scosso la quotidianità dell’umanità intera, acclarata la condizione ormai pandemica dell’emergenza sanitaria da coronavirus, nella “diffusa sofferenza fisica e morale”, interpreta sentimenti di vicinanza con la preghiera che lo stesso Papa Francesco ha espresso in questi giorni, invitando appunto i fedeli a “pregare incessantemente per gli ammalati di Coronavirus”.

Con la premessa che la Chiesa cattolica ha da sempre manifestato particolare cura verso l’assistenza agli ammalati (diversi ordini religiosi del resto nascono proprio con questo precipuo fine, ndr), la sofferenza dell’uomo, nella lettura del mistero divino, lo proietta nondimeno nella sua umanità.

Ecco dunque i contenuti del Decreto. È concessa “l’Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da Coronavirus” che si trovino in regime di quarantena per disposizione dell’autorità sia negli ospedali che nelle proprie abitazioni (o in istituti di ricovero, come le case di riposo), “se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile”.

Analogamente, anche gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull’esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistano i pazienti infetti da coronavirus “secondo le parole del divino Redentore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13), otterranno il medesimo dono dell’Indulgenza plenaria alle stesse condizioni” precedentemente illustrate.

Alle medesime condizioni, infine, è concessa “l’Indulgenza plenaria anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l’adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell’epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé”.

La Chiesa tiene a sottolineare altresì di seguitare a pregare per chi si trovasse nell’impossibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi e del Viatico, “affidando alla Misericordia divina tutti e ciascuno in forza della comunione dei santi” e concedendo al fedele l’Indulgenza plenaria in punto di morte, “purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera (in questo caso la Chiesa supplisce alle tre solite condizioni richieste). Per il conseguimento di tale indulgenza è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce”.

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