Da quando Giovanni Brusca è uscito dal carcere si parla spesso di ergastolo ostativo. Ma di cosa si tratta?

Innanzitutto, si tratta di una conseguenza penale delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Nel 1992, infatti, dopo i due eccidi di cosa nostra, si avvertì la necessità di reprimere la mafia in modo più repressivo. Da qui nacque l’ergastolo ostativo, la cui legge di riferimento è l‘art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario.

In pratica, come sintetizzato su Diritto.it, per ergastolo ostativo – che, definito così, non appare in nessuna norma – s’intende la perpetuità della pena detentiva nei casi in cui il condannato per reati mafiosi non appare incline a collaborare con la giustizia.

Quindi, a differenza dell’ergastolo ‘normale’, quello ostativo non permette che il detenuto benefici di determinati permessi, come quelli premio o la semilibertà, a meno che non collabori con la giustizia.

Nell’ergastolo ostativo rientrano non solo i delitti per mafia ma anche quelli commessi per finalità di terrorismo, di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, reati di pedopornografia, prostituzione minorile, tratta di persone, riduzione o mantenimento in schiavitù, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione.

Il 15 aprile 2021, però, la Corte costituzionale, si è espressa, annunciando di ritenere l’istituto incompatibile con la Costituzione e ha concesso al Parlamento un anno di tempo per approntare una nuova disciplina in materia.

La Corte Costituzionale, quindi, ha rinviato la decisione sulla questione a maggio 2022 anche perché, se lo avessero fatto ora, avrebbero potuto mettere a repentaglio la forza del sistema di contraato alla criminalità organizzata, come spiegato su Altalex.com. Per cui, deve essere il legislatore ad intervenire, prima della decisione definitiva dei Giudici di legittimità.

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