Il Consiglio di Stato boccia il decreto del ministero della Cultura sul riparto del fondo per investimenti nel cinema e nell’audiovisivo per l’anno 2022. Secondo i giudici è “illegittimo” almeno in parte. Sarebbe quella in cui esclude dal riparto delle risorse le imprese esterne al settore cinematografico audiovisivo. Per questo – viene riportato nella sentenza – va annullato”. Ad essere state accolte le ragioni di una società cinematografica, assistita dagli avvocato Gaetano Armao, Bruno della Ragione ed Enrico Mormino. Ad essere rigettando l’appello del ministero e confermata analoga pronuncia del Tar Lazio del 2023.

L’impugnazione

Una primaria Società di produzione cinematografica aveva impugnato nel 2022 il decreto. Nella parte in cui escludeva dal finanziamento i crediti di imposta previsti dalla disciplina cinematografica delle imprese non appartenenti al settore cinematografico audiovisivo. L’investimento era pari ad oltre un milione di euro. I giudici amministrativi hanno ritenuto illegittima ed hanno annullato l’esclusione di tale categoria. Ci sarebbe stata una “violazione delle norme di settore”. Nel contempo si riconosce che “l’amministrazione non detiene alcuna discrezionalità nell’esclusione di una categoria di beneficiari espressamente indicata da legge”.

Fondo da ripartire tra tutti

In particolare, per i giudici di Palazzo Spada, “l’atto ministeriale, pur condiviso dal Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo e proposto dalla Direzione Cinema, non è espressione di funzione d’indirizzo politico”. Si tratterebbe, invece, di un atto amministrativo che la normativa sul cinema disciplina. Sulla base della quale il ministro è chiamato a ripartire il fondo per il cinema tra le tipologie individuate, nessuna esclusa. “Quindi – si ribadisce in sentenza – anche in favore di quelle non appartenenti al settore cinematografico audiovisivo, illegittimamente escluse”.

Assegnazioni finanziarie da garantire anche con effetto retroattivo

Si tratta di una misura finanziaria per l’attrazione di ingenti investimenti di rischio di imprese, bancarie, industriali o commerciali. Tutte finanziano la produzione di film italiani, in esecuzione di contratti di associazione in partecipazione stipulati con produttori nazionali. Il ministero della Cultura, che è stato condannato alle spese in entrambi i gradi di giudizio, dovrà ripristinare le assegnazioni finanziarie anche per le imprese esterne al settore cinematografico audiovisivo, con effetto retroattivo.

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